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L'ARGOMENTO DI OGGI

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dai GIORNALI di OGGI

Studio di BankItalia sulle economia regionali 2008 in imprese con oltre 20 dipendenti

Stipendi al Sud, già oggi 15-20% più bassi

Il dato è coerente anche con l'indagine Unioncamere. La differenza la fanno i contratti e i premi aziendali

E sabato bagno di folla ad Arona, sul lago Maggiore

Berlusconi: Sud e salari, ecco il mio piano

"Il modello è il New Deal rooseveltiano.

Sarà Palazzo Chigi a guidare l’Agenzia per il Mezzogiorno

E sulla raccolta rifiuti:

"Presto l'emergenza anche in altre regioni"

Berlusconi: "Rai non può attaccarmi

Non devo scusarmi per vita privata"

Affondo sul Tg3: "Attacchi insopportabili".

Il presidente Garimberti: "Notizie non hanno colore"

2009-08-09

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

 

CORRIERE della SERA

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2009-08-17

LA PRECISAZIONE del leader del Carroccio. Poli Bortone: "Boicottare il made in Padania"

Inno, Bossi corregge il tiro

"Forzature, si pensi ai salari"

"Non siamo contro l'inno italiano, se lo sono inventati i giornali che d'estate non vendono". Stop di An sui dialetti

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NOTIZIE CORRELATE

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Bossi:"L'inno? Non lo conosce nessuno" (16 agosto 2009)

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L'Inno nazionale (dal sito del Quirinale)

Bossi, con alcuni dei suoi fedelissimi, si rilassa a Ponte di Legno (Cavicchi)

Bossi, con alcuni dei suoi fedelissimi, si rilassa a Ponte di Legno (Cavicchi)

MILANO - "Per non parlare dei salari, delle gabbie salariali e della necessità di aumentare i salari si sono inventati che la Lega è contro l’inno italiano. Invece noi siamo per aumentare i salari e chiediamo i salari su base territoriale legandoli al costo della vita". Lo ha detto Umberto Bossi ai microfoni di Sky Tg24 il giorno dopo la tradizionale festa della Lega Nord a Ponte di Legno nel corso della quale il leader del Carroccio aveva rilanciato la battaglia sul federalismo accennando anche al fatto che, a suo parere, il "Va pensiero" di Verdi, adottato dal suo partito come inno di battaglia, sia percepito dalla gente più di quanto non lo sia il "Fratelli d'Italia" di Mameli.

"FORZATURE DEI GIORNALI" - "I giornali d’estate non vendono per questo fanno qualche forzatura - ha detto il leader leghista, che spiega: "Ho detto che ero commosso per il fatto che i padani conoscessero benissimo l’inno della Padania Va pensiero. Da lì uno può fare della dietrologia: se cantano Va pensiero sono contro Fratelli d’Italia ma non è così".

LO STOP DEGLI EX DI AN - "Con le sue parole di precisazione, Bossi conferma che le proposte su inno e dialetti sono soltanto boutade estive vere per fare un pò di propaganda in vista delle elezioni regionali" è il primo commento di Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl alla Camera. Il quale, però, manda anche un avvertimento al Carroccio, rivolgendosi in particolare al ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli: "La proposta di Calderoli sui dialetti non solo è fuori dal programma di governo e dai vincoli di maggioranza, ma è anche irrispettosa del galateo istituzionale. Calderoli infatti non ha competenza in materia. La competenza è del ministro Gelmini, che essendo una donna intelligente, sarà certamente contraria alla boutade estiva della Lega". "Se invece Calderoli parlava soltanto come vice di Bossi e pensava ad una proposta di legge parlamentare - aggiunge Bocchino - sappia che i deputati provenienti da Alleanza nazionale non la voteranno mai".

"BOICOTTATE IL MADE IN PADANIA" - Intanto, fra le tante reazioni espresse dal mondo politico, arriva anche la provocazione del movimento Io Sud, guidato dalla senatrice Adriana Poli Bortone, eletta con il Pdl e dallo scorso giugno nel gruppo Misto di Palazzo Madama: "Non comprate i prodotti della Padania". "Se Bossi insiste con la cancellazione dell'Inno di Mameli e la divisione dell'Italia - sottolinea Poli Bortone - come presidente di Io Sud lancio l'appello a tutti i meridionali, quelli che vivono al Sud, ma anche a quanti vivono nel resto d'Italia, a non acquistare prodotti della Padania fino a quando non tornerà la ragionevolezza e quindi un'Italia federale all'interno di una Nazione unitaria".

17 agosto 2009

 

 

 

 

 

2009-08-16

E SUL presidente della repubblica: "preferisco napolitano a ciampi"

Bossi:"L'inno? Non lo conosce nessuno"

Il Senatùr: "Mameli? Tutti cantano Va pensiero". Poi la proposta: "Lo Stato dia terre ai giovani"

Umberto Bossi, durante il comizio a Ponte di Legno (Stefano Cavicchi)

Umberto Bossi, durante il comizio a Ponte di Legno (Stefano Cavicchi)

PONTE DI LEGNO- L'inno italiano? "Non lo conosce nessuno". Il Presidente della Repubblica? "Meglio Napolitano di Ciampi". E il Barbarossa? "Oggi abita a Roma". Umberto Bossi, alla festa della Lega a Ponte di Legno, spiega anche l'importanza delle gabbie salariali: "Noi siamo nell'epoca del federalismo e chi non vuole i salari territorializzati è uno che non vuole l'applicazione del federalismo". E ricorda che "la Lega non è nata solo per vincere le elezioni ma per liberare la nostra gente dal centralismo romano. Non andrò in pensione fino a quando non avremo liberato la nostra gente da Roma ladrona".

INNO NAZIONALE - E a proposito di tradizioni, il ministro delle Riforme ha spiegato che "quando cantiamo il nostro inno, il Va pensiero, tutti lo cantano perchè tutti conoscono le parole, non come quello italiano che nessuno conosce". Secondo Bossi, il fatto che più gente conosca le parole del Va pensiero significa un maggiore attaccamento alla Lega "perché la gente ne ha piene le scatole".

"LE TERRE AI GIOVANI" - Quella dell'inno è di sicuro una questione cara alla Lega e al suo leader. Ma Bossi approfitta di una intervista a Sky Tg24 per lanciare la sua proposta su giovani e lavoro. Lo Stato - dice il numero uno del Carroccio - regali terreni ai giovani per renderli produttivi e dare un lavoro alle giovani generazioni. Una proposta, spiega Bossi, che è già stata illustrata al ministro dell?Economia Giulio Tremonti, ma non è ancora una bozza concreta. "In agricoltura mancano i giovani, sono tutti vecchi. I giovani qualche lavoro dovranno trovarlo. Se ci sono terreni agricoli che costano allo Stato ma non rendono - ha detto il Senatùr - allora è meglio darli ai giovani, che non li facciano costare li facciano rendere".

IL CAPO DELLO STATO- Dopo gli elogi a Bersani poi il Senatùr si dedica alle lodi al Capo dello Stato. "Preferisco Napolitano a Ciampi. Napolitano è sempre stato ragionevole, non si è mai opposto al governo". Un elogio inaspettato quello di Bossi, mentre ricorda che con il Presidente della Repubblica è stato possibile dialogare. "È una cosa importante perchè è lui che firma le leggi. Per fortuna che il governo non l'ha mai avuto contro. Il presidente della Repubblica deve essere il più possibile neutro".

IL DIALETTO - E intanto il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli spiega che la bozza di legge sul dialetto è pronta e verrà approvata presto. Il testo della legge è stato consegnato sabato a Bossi ed è un argomento caro al leader della Lega. " L’anno scorso a Ferragosto ho portato la bozza del federalismo fiscale che in meno di un anno è diventata legge. Oggi Bossi ha in mano la bozza di legge sui dialetti e vi garantisco che non durerà tanto di più per diventare legge". Il testo all’esame di Bossi prevede l’obbligatorietà dell’insegnamento a partire dalle scuole primarie.

"NESSUN RICATTO"- " Nel governo non c’è nessun ricatto, nessuna golden share della Lega. Abbiamo solo il peccato di avere avuto un grande maestro che ci ha insegnato e ci ha fatto capire che cosa vuol dire lavorare e fare andare la testa. Mentre loro sono in vacanza ai tropici noi stiamo a casa a lavorare e a preparare le leggi". Lo ha spiegato il ministro Calderoli secondo cui "se c’è il rispetto di tutte le parti, questo governo durerà 4 anni e realizzerà le riforme". E ha aggiunto: "Non è un peccato avere idee e ideali quando c’è chi come unica proposta, ha fatto quella di dare la cittadinanza agli immigrati dopo 5 anni. Questi sono fuori di melone".

16 agosto 2009

 

 

 

 

LE REAZIONI ALLE PAROLE DI BOSSI - L'opposizione: governo ostaggio della Lega

Gasparri: "Nessuno cambierà l'inno"

Bondi: dichiarazioni propagandistiche indeboliscono serio programma di governo. Bocchino: no del Pdl ai dialetti

ROMA- "Nessuno cambierà l'inno nazionale". Maurizio Gasparri è chiaro. E risponde così alle parole di Umberto Bossi secondo cui l'inno di Mameli "non lo sa nessuno". Il presidente dei senatori del Pdl aggiunge: "Per quanto poi riguarda il Va pensiero di Verdi è un brano lirico denso di patriottismo. Bossi resterà forse deluso del fatto che era una della arie musicali che precedevano sulle piazze i comizi di Giorgio Almirante. Siamo cresciuti ascoltandolo quando la Lega non esisteva ancora. Verdi poi è stato uno dei riferimenti culturali del Risorgimento. Nessun musicista richiama l'unitá nazionale più di lui".

"PROPAGANDA INDEBOLISCE IL SERIO PROGRAMMA DI GOVERNO" - Dopo gabbie salariali, bandiere e dialetti, Umberto Bossi dirige la sua Lega contro l'inno nazionale, dunque. Ed è Sandro Bondi a scendere in campo. Dal ministro e coordinatore del Pdl trapela che qualche preoccupazione nel partito del premier esiste e parte qualche avvertimento all'alleato: "Le ripetute dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti ma non solo, indeboliscono e offuscano" il "serio" programma di governo. Si spinge oltre "Farefuturo", la fondazione presieduta da Gianfranco Fini: l'offensiva padana "necessita di una risposta alta ed innanzitutto sul piano culturale", dice il segretario generale Adolfo Urso.

IL DIALETTO- E per quel che riguarda il dialetto nelle scuole a rispondere è Italo Bocchino, Pdl. " Il disegno di legge sui dialetti di cui parla il ministro Calderoli è ben diverso da quello sul federalismo, non facendo parte del programma di governo. Non c'è pertanto nessun vincolo di maggioranza e non ci sarà la nostra disponibilità a votarlo".

L'OPPOSIZIONE - Ironico il capogruppo alla Camera dell'Idv Massimo Donadi: " Regaleremo ai ministri leghisti un cd con l’inno nazionale, cosi’ anche loro potranno impararlo. Aggiungeremo anche un bel vocabolario d’italiano, in modo che la nostra lingua non rappresenti più un ostacolo". Mentre Roberto Di Giovan Paolo, senatore Pd, "dopo le nuove dichiarazioni di Umberto Bossi sul dialetto a scuola, ci chiediamo se ad essere arrivato al capolinea non sia il governo o la stessa Lega Nord. È oramai da giorni che la il Carroccio conduce un'offensiva sospetta".

16 agosto 2009

 

 

 

 

2009-08-10

Casini: "Deriva leghista". Il Pd: "Proposta schizofrenica". La Cgia: "Vantaggio per il sud"

Gabbie salariali, no dei sindacati

Pdl: "Contratti legati al territorio"

La Uil: "Stupidaggine". La Cgil: "Contrarissimi". La Cisl: "Ritorno all'Urss"

Luigi Angeletti (LaPresse)

Luigi Angeletti (LaPresse)

ROMA - È il tema delle "gabbie salariali" a infiammare il dibattito politico di agosto. La proposta della Lega, rilanciata anche dal premier Silvio Berlusconi di "agganciare" i salari al costo della vita sul territorio, provoca qualche malumore all'interno della maggioranza e le dure critiche dell'opposizione. Ma sono soprattutto i sindacati ad alzare la voce.

CGIL, CISL E UIL - La Cgil si dice "contrarissima", perché con la reintroduzione delle "gabbie salariali" i lavoratori "pagherebbero la debolezza del Paese". "Il lavoro è uguale e dunque deve essere pagato ugualmente in Italia ovunque" afferma all'Agi la segretaria confederale Morena Piccinnini. Riguardo al Mezzogiorno, "bisogna considerare di più e meglio quel lavoro che invece oggi è profondamente sottovalutato da tutto il sistema delle imprese che scaricano sui lavoratori la loro debolezza in termini di progettazione e capacità di stare sul mercato". Bocciatura senza mezzi termini anche da parte del segretario della Uil, Luigi Angeletti. Secondo il leader sindacale, "le gabbie salariali sono una stupidaggine non condivisa da nessun imprenditore né dalle loro associazioni. Un'idea che si applicava in Italia e in Urss negli anni '50: due esperienze che si sono estinte negli anni '90 positivamente nel nostro Paese e in ben altro modo nell'Unione sovietica. Nessuno riesce a dire come potrebbero essere applicate". Angeletti boccia anche l'opzione di una scala mobile a doppia velocità. "È anche questa una stupidaggine perché il salario e le retribuzioni compensano il lavoro come si fa e non dove si fa. Non c'è nessun imprenditore italiano o associazione di imprese favorevole a un'idea del genere e un motivo, evidentemente, ci sarà". Secco no di Raffaele Bonanni. In un'intervista rilasciata a ilsussidiario.net, il leader della Cisl afferma che "se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge sarebbe un ritorno all'Unione sovietica, scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria". Per il segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, le gabbie salariali "sono un errore, servirebbero solo a penalizzare ulteriormente il Sud".

CGIA DI MESTRE - Di avviso contrario è il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, secondo il quale le gabbie salariali esistono già perché i lavoratori del Nord guadagnano mediamente il 30% in più dei colleghi del Sud. "Se venissero reintrodotte per legge - afferma - avvantaggerebbero i lavoratori meridionali. Infatti, se teniamo conto che la Banca d'Italia ha dichiarato nei giorni scorsi che il costo della vita è del 16% circa superiore al Nord rispetto al Sud, l'introduzione delle gabbie salariali dovrebbe, quindi, far recuperare ai lavoratori dipendenti del Mezzogiorno un differenziale oggi esistente con quelli del Nord di circa 14 punti dato dalla differenza tra i maggiori livelli medi salariali e il maggior costo della vita presenti nel settentrione".

PDL- Il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, afferma invece che "il termine gabbie salariali va tolto dal dibattito perché ingenera equivoci e giustamente si presta a polemiche". "Il programma per il Sud che stiamo mettendo a punto - aggiunge - deve lasciare spazio alla flessibilità contrattuale, affinché si tenga conto dei livelli di produttività e del costo della vita". Anche Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, sottolinea che "più di qualcuno, nell'opposizione, fa finta di non capire, ed evoca il fantasma delle gabbie salariali, cioè di differenze salariali stabilite per legge. Non è questo il modello perseguito dal Governo, dalla maggioranza e da Silvio Berlusconi, che invece da mesi (si pensi all'accordo siglato all'inizio dell'anno per la riforma dei contratti) indicano un percorso diverso: quello di un progressivo superamento del contratto nazionale (modello obsoleto, difficile da rinnovare, con trattative estenuanti e attese inaccettabili per milioni di lavoratori) a beneficio di contratti più legati al territorio e all'azienda, e con un forte rapporto tra aumenti salariali e produttività".

ROTONDI - Il ministro per l'Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ribadisce: "Non mi pare proprio che Berlusconi faccia riferimento alle gabbie salariali alle quali rimaniamo contrari. Piuttosto, il presidente del Consiglio sta pensando a un tipo di contrattazioni regionali per incoraggiare investimenti nel Sud e favorire una nuova stagione di ripresa imprenditoriale del Meridione".

SCAJOLA- E il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, afferma al Tg di La7: "No alle gabbie salariali se queste sono intese come una discriminazione nei confronti del Sud d'Italia. Sì ad una contrattazione che tenga presente la produttività e la vicinanza al territorio dello stipendio delle persone".

CASINI - Ma l'ipotesi lanciata dalla Lega suscita anche molti pareri negativi. Dopo la presa di posizione di Raffaele Lombardo, presidente del­la Regione Sicilia e leader dell'Mpa ("Idea sbagliata, Silvio segue la Lega"), arrivano le dure dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini. "Bisogna riconoscere che Berlusconi è un grande venditore - afferma il leader Udc - e questa estate è impegnato a vendere ancora la sua propaganda agli italiani. Ma oggi la campagna elettorale è finita, mentre restano da risolvere ancora molti problemi". "La Lega sta determinando la politica del Governo, dalle ronde alle gabbie salariali, ai dialetti, alle bandiere regionali, tutto quello che fa questa maggioranza, lo fa perché lo vuole la Lega - aggiunge -. Bisogna bloccare questa deriva e pensare di più ai problemi degli italiani".

IL PD - Duro anche il Partito Democratico. "La proposta del premier sulle gabbie salariali è sbagliata e schizofrenica - afferma in una dichiarazione Sergio D'Antoni, responsabile Mezzogiorno del Pd. - Com'è possibile che dopo aver concluso un accordo per la riforma della contrattazione in cui si dà grande autonomia alle parti sociali, ora voglia imporre dei limiti salariali per legge?". "Il nucleo della questione - prosegue D'Antoni - è comunque un altro. Nel mezzogiorno la stragrande maggioranza delle famiglie può contare su un solo reddito e i salari sono in media più bassi del 30% rispetto al nord. Le gabbie salariali nel Sud è come se esistessero già, ma hanno solo un nome diverso: disoccupazione".

IDV - Secondo Antonio Di Pietro, "le gabbie salariali sono una soluzione ad effetto che fa esclusivamente appello al senso comune di chi, vivendo al Centro-Nord ed essendo stato almeno una volta nel Meridione, ha constatato che un piatto di lenticchie costa tre euro invece di cinque. Una soluzione demenziale ad un problema importante, quello salariale, che vede l'Italia agli ultimi posti per livelli retributivi in Europa" sottolinea il leader dell'Italia dei valori. "Abbiamo gli stipendi più bassi del Continente e mettiamo sul tavolo la discussione di come ridurli invece che aumentarli: direi che è il modo più demenziale per risolvere il problema".

10 agosto 2009

 

 

 

Studio di BankItalia sulle economia regionali 2008 in imprese con oltre 20 dipendenti

Stipendi al Sud, già oggi 15-20% più bassi

Il dato è coerente anche con l'indagine Unioncamere. La differenza la fanno i contratti e i premi aziendali

ROMA - Un operaio dell'industria al Sud già oggi percepisce in media uno stipendio minore del 15% rispetto a un collega del Nord, mentre un impiegato meridionale del settore industriale guadagna anche il 22% in meno. Lo rivela uno studio della Banca d'Italia sulle economia regionali 2008 e riferita alle imprese con più di venti dipendenti.

COERENZA - La differenza è dovuta a una minore presenza in busta paga delle voci aggiuntive al salario minimo previsto dal contratto nazionale di riferimento come i contratti aziendali o i premi legati ai risultati d'impresa. Il dato è in linea con quello dello scorso anno quando si parlava di un differenziale medio del 20% negli stipendi dei dipendenti Nord-Sud. Il dato è coerente anche con quello contenuto nell'indagine Unioncamere-Odm di fine 2008 che indicava retribuzioni al Sud inferiori del 16,3% rispetto al Nord-ovest. La differenza, secondo la Banca d'Italia, scende se si tengono conto dei comparti produttivi, delle dimensioni delle aziende, delle ore lavorate e della presenza di un contratto aziendale.

PREMI AZIENDALI - Secondo il rapporto infatti emerge come al Nord sia più diffuso ricevere premi aziendali rispetto al Mezzogiorno. Al Nord "oltre un terzo degli impiegati e un sesto degli operai riceve rilevanti voci retributive aziendali" mentre tali quote "si dimezzano al Centro e scendono ancora nel Mezzogiorno". Tenendo conto degli altri fattori quindi i differenziali calano a 11 punti per gli operai e a circa 15 per gli impiegati. Per l'indagine Unioncamere d'altro canto nel 2007 la retribuzione totale annua lorda nazionale è compresa tra i 23.600 euro del Mezzogiorno e i 28.200 euro del Nord-ovest. Un operaio semiqualificato, che nella media nazionale guadagna 22.300 euro, vede salire il suo salario a 22.900 euro al Nord-ovest e scendere a 18 mila euro al Sud e le Isole. Per quanto riguarda gli impiegati la differenza si esprime con un 22.600 euro per il Nord-ovest contro i 20.800 del Sud.

10 agosto 2009

 

 

 

Casini: "Deriva leghista". Il Pd: "Proposta schizofrenica". La Cgia: "Vantaggio per il sud"

Angeletti: "Le gabbie salariali?

Sono una stupidaggine"

Il leader Uil: "Non c'è nessun imprenditore italiano favorevole a questa ipotesi"

Luigi Angeletti (LaPresse)

Luigi Angeletti (LaPresse)

ROMA - È il dibattito sulle "gabbie salariali" a infiammare il dibattito politico di agosto. La proposta della Lega, rilanciata anche dal premier Silvio Berlusconi di "agganciare" i salari al costo della vita sul territorio, provoca qualche malumore all'interno della maggioranza e le dure critiche dell'opposizione. Dopo la presa di posizione di Raffaele Lombardo, presidente del­la Regione Sicilia e leader dell'Mpa ("Idea sbagliata, Silvio segue la Lega"), arrivano ad esempio le dure dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini. "Bisogna riconoscere che Berlusconi è un grande venditore - afferma il leader Udc - e questa estate è impegnato a vendere ancora la sua propaganda agli italiani. Ma oggi la campagna elettorale è finita, mentre restano da risolvere ancora molti problemi". "La Lega sta determinando la politica del Governo, dalle ronde alle gabbie salariali, ai dialetti, alle bandiere regionali, tutto quello che fa questa maggioranza, lo fa perché lo vuole la Lega - aggiunge -. Bisogna bloccare questa deriva e pensare di più ai problemi degli italiani".

IL PD - Duro anche il Partito Democratico. "La proposta del premier sulle gabbie salariali è sbagliata e schizofrenica - afferma in una dichiarazione Sergio D'Antoni, responsabile Mezzogiorno del Pd. - Com'è possibile che dopo aver concluso un accordo per la riforma della contrattazione in cui si dà grande autonomia alle parti sociali, ora voglia imporre dei limiti salariali per legge?". "Il nucleo della questione - prosegue D'Antoni - è comunque un altro. Nel mezzogiorno la stragrande maggioranza delle famiglie può contare su un solo reddito e i salari sono in media più bassi del 30% rispetto al nord. Le gabbie salariali nel Sud è come se esistessero già, ma hanno solo un nome diverso: disoccupazione".

ANGELETTI - Bocciatura senza mezzi termini da parte del segretario della Uil, Luigi Angeletti. Secondo il leader sindacale, "le gabbie salariali sono una stupidaggine non condivisa da nessun imprenditore né dalle loro associazioni. Un'idea che si applicava in Italia e in Urss negli anni '50: due esperienze che si sono estinte negli anni '90 positivamente nel nostro Paese e in ben altro modo nell'Unione sovietica. Nessuno riesce a dire come potrebbero essere applicate". Angeletti boccia anche l'opzione di una scala mobile a doppia velocità. "È anche questa una stupidaggine perché il salario e le retribuzioni compensano il lavoro come si fa e non dove si fa. Non c'è nessun imprenditore italiano o associazione di imprese favorevole a un'idea del genere e un motivo, evidentemente, ci sara. Quello che dovrebbe fare il governo è sostanzialmente applicare per quanto lo riguarda il modello contrattuale che ha sottoscritto anche nella sua figura di datore di lavoro. Il nuovo modello contrattuale - conclude - offre una grande flessibilità che garantirà aumenti salariali in funzione della produttività: e questo dovrebbe essere più che sufficiente per rilanciare la competitività dell'azienda Italia".

CGIA DI MESTRE - Di avviso contrario è il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, secondo il quale le gabbie salariali esistono già perché i lavoratori del Nord guadagnano mediamente il 30% in più dei colleghi del Sud. "Se venissero reintrodotte per legge - afferma - avvantaggerebbero i lavoratori meridionali. Infatti, se teniamo conto che la Banca d'Italia ha dichiarato nei giorni scorsi che il costo della vita è del 16% circa superiore al Nord rispetto al Sud, l'introduzione delle gabbie salariali dovrebbe, quindi, far recuperare ai lavoratori dipendenti del Mezzogiorno un differenziale oggi esistente con quelli del Nord di circa 14 punti dato dalla differenza tra i maggiori livelli medi salariali e il maggior costo della vita presenti nel settentrione".

PDL - E il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, afferma che "il termine gabbie salariali va tolto dal dibattito perchè ingenera equivoci e giustamente si presta a polemiche". "Il programma per il Sud che stiamo mettendo a punto - aggiunge - deve lasciare spazio alla flessibilità contrattuale, affinché si tenga conto dei livelli di produttività e del costo della vita". Anche Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, sottolinea che "più di qualcuno, nell'opposizione, fa finta di non capire, ed evoca il fantasma delle gabbie salariali, cioè di differenze salariali stabilite per legge. Non è questo il modello perseguito dal Governo, dalla maggioranza e da Silvio Berlusconi, che invece da mesi (si pensi all'accordo siglato all'inizio dell'anno per la riforma dei contratti) indicano un percorso diverso: quello di un progressivo superamento del contratto nazionale (modello obsoleto, difficile da rinnovare, con trattative estenuanti e attese inaccettabili per milioni di lavoratori) a beneficio di contratti più legati al territorio e all'azienda, e con un forte rapporto tra aumenti salariali e produttività".

10 agosto 2009

 

 

 

 

il presidente della regione sicilia

Lombardo: le "gabbie" idea sbagliata

Noi andiamo avanti con il partito del Sud

"La parola gab­bie evoca il ghetto, la separazione, l’isolamento dal resto del Paese. Silvio segue la Lega"

ROMA — "Mi meraviglia questa adesione alla parole d’ordine della Le­ga. Non me l’aspettavo. La parolagab­bie evoca il ghetto, la separazione, l’isolamento dal resto del Paese. E’ co­me se si dovesse tenere d’occhio que­sto pezzo di territorio che a tutti gli effetti deve essere considerato di se­rie B, mettendo il resto dell’Italia al ri­paro dal Sud. E questo per limitarci al lessico...". Raffaele Lombardo, presidente del­la Regione Sicilia e leader dell’Mpa, critica le dichiarazioni di Silvio Berlu­sconi. Negli ultimi mesi ha fatto una battaglia, insieme a Gianfranco Micci­chè, perché la questione meridionale tornasse in testa all’agenda politica. Ora che un piano per il Sud sembra in gestazione rinnova le riserve sul mo­do in cui il presidente del Consiglio ne descrive i primi passi.

Delle gabbie salariali non le piace la parola. E nel merito?

"Nel merito ci mancava solo que­sta. Nel Meridione abbiamo livelli di occupazione abissalmente distanti ri­spetto al resto d’Italia. Se veramente differenziamo gli stipendi l’unico ef­fetto potrebbe essere quello di far rad­doppiare la disoccupazione. Se vo­gliamo lo spopolamento del Sud è una buona ricetta. Prendiamo atto che la mitica secessione leghista sta ispirando tanti. Con la Lega abbia­mo condiviso un percorso importan­te: il federalismo, ma nell’unità del Pa­ese, non condito con strumenti che lo separano. Voglio vedere cosa diran­no ora i tanti meridionalisti del Pdl che si erano opposti".

Resta il fatto che il costo della vi­ta è molto minore al Sud.

"E i salari sono già molto diversi, basta vedere le statistiche. E anche il numero di salari per famiglia è molto più basso al Sud. Un governo deve far­si carico di questi problemi. Mi chie­do quale unità del Paese festeggerem­mo fra due anni se si continua co­sì... ".

Per qualcuno potrebbe essere so­lo un dibattito agostano...

"Se lo è ne prenderemo atto. Ma io ritengo che il premier dica certe cose perché le vuole fare".

Berlusconi abbozza anche la cabi­nadi regia per il Sud, sotto la sua diretta responsabilità.

"Appena qualche settimana fa era un suggerimento mio. Spero si inizi un’inversione reale del divario. La Germania si è data 30 anni per supera­re quello fra Est e Ovest. C’è da ag­giungere che un progetto di questo ti­po deve per forza interessare tutti i ministeri e tutti i soggetti in campo, a meno che non sia un escamotage per gestire in modo centralistico i nostri fondi".

La classe dirigente meridionale è meglio che venga bypassata, dice il premier.

"Sul passato ha ragione. Lo ricono­sco io che ho fatto un piano di rientro della spesa sanitaria e che di domeni­ca pomeriggio sono appena uscito dall’ospedale di Avola, che rientra in un ridimensionamento dei posti let­to. Noi riconosciamo che si è sbaglia­to, che si è speso male e tardi, ma già oggi c’è un’inversione di tendenza".

Il partito del Sud?

"Speriamo di riuscire a lanciarlo molto presto, ci stiamo lavorando, con serenità e per unificare veramen­te il Paese".

Marco Galluzzo

10 agosto 2009

 

 

 

 

 

E sulla Rai: "Non deve attaccare nessuno, la sinistra dovrebbe apprezzare"

Berlusconi e gli obiettivi del governo:

"Processo penale, riforma a settembre"

Il premier ai microfoni del Gr1: "Abruzzo, infrastrutture e Sud sono le nostre priorità"

Silvio Berlusconi (foto Carino)

Silvio Berlusconi (foto Carino)

ROMA - A settembre il governo completerà la riforma del processo penale. Lo ha annunciato Silvio Berlusconi in una intervista al Gr Rai. Il premier ha tracciato un bilancio dei primi 14 mesi di governo, indicando gli obiettivi prioritari per l’esecutivo alla ripresa dell’attività a settembre. "Sono stati 14 mesi con risultati concretissimi di cui siamo veramente orgogliosi. Per quanto riguarda la ripresa - ha detto il Cavaliere - continueremo la realizzazione delle case ai trentamila sfollati de L’Aquila, apriremo molti cantieri per le opere pubbliche sia a Nord che al Sud, aumenteremo la difesa dei cittadini contro la criminalità singola e organizzata anche con l’ utilizzo delle forze armate, metteremo a punto il piano per il Sud che chiede maggiori infrastrutture , fiscalità di vantaggio, misure per il turismo", ha aggiunto.

CRISI - Nell'intervista il premier è tornato anche sul tema della crisi, ribadendo il suo invito. "Riprendere le nostre abitudini di vita e di consumo il più presto possibile" sono le parole d'ordine del premier. "Anche dagli ultimi segnali, anche delle istituzioni internazionali, vedo che il nostro Paese sembra essere quello che va meglio in Europa e questo mi dà ulteriore fiducia" ha detto Berlusconi.

RAI - "Sulla Rai - ha poi ribadito il presidente del Consiglio - ho avuto modo di dire quello che pensano la maggioranza degli italiani e cioè che è inaccettabile che la televisione pubblica che è pagata con i soldi di tutti sia l'unica tv pubblica ad essere sempre contro il governo". "La sinistra - ha aggiunto Berlusconi - che è stata al governo, dovrebbe apprezzare che questo esecutivo dica che la Rai non deve attaccare nessuno, né il governo, né tantomeno l'opposizione". Per il Cavaliere "la Rai deve fare ciò che deve fare e cioè una televisione di servizio pubblico: prima di tutto deve informare, poi formare e soltanto come terzo obiettivo divertire". Quanto a Repubblica che "parla anche di servizi segreti deviati" ha concluso il premier, "a me pare che di deviato di questi tempi ci sia soprattutto certo giornalismo".

CASINI ALL'ATTACCO - Duro attacco all'esecutivo e al premier in particolare dal leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "Bisogna riconoscere che Berlusconi è un grande venditore e questa estate è impegnato a vendere ancora la sua propaganda agli italiani" ha detto il numero uno centrista, sottolineando che "oggi la campagna elettorale è finita, mentre restano da risolvere ancora molti problemi". "La Lega sta determinando - ha aggiunto il leader dell'Udc - la politica del governo, dalle ronde alle gabbie salariali, dai dialetti, alle bandiere regionali: tutto quello che fa questa maggioranza, lo fa perchè lo vuole la Lega. Bisogna bloccare questa deriva e pensare di più ai problemi degli italiani".

 

10 agosto 2009

 

 

2009-08-09

Intervista al "Mattino". E sabato bagno di folla ad Arona, sul lago Maggiore

Berlusconi: Sud e salari, ecco il mio piano

"Il modello è il New Deal rooseveltiano. Sarà Palazzo Chigi a guidare l’Agenzia per il Mezzogiorno"

ROMA - In un’intervista al quotidiano napoletano Il Mattino Silvio Berlusconi anticipa i contenuti principali del suo piano per il Mezzogiorno. Se il Sud "è stato sempre fra le priorità del governo", il presidente del Consiglio ora vuole accelerare, con un modello in testa, quello del "New Deal" rooseveltiano.

NEW DEAL - "Dobbiamo concepire l’intervento straordinario come un grande "New Deal" rooseveltiano, come un "Piano Marshall" per il sud", spiega il capo del governo, che esclude categoricamente che si voglia ricostituire la vecchia Cassa per il Mezzogiorno: "Pensiamo ad un istituto molto diverso" per il quale "il ruolo di guida non può che essere del premier". Berlusconi non manca di puntare il dito sulle "responsabilità delle classi dirigenti meridionali", poiché a fronte di tante risorse pubbliche "l’economia meridionale è diventata in questi anni meno competitiva". Un problema che sarà risolto "solo con il federalismo fiscale".

SALARI - Sul tema della gabbie salariali Berlusconi apre poi alle richieste della Lega, confermate anche sabato sera a Pontida da Umberto Bossi: è giusto "agganciare" i salari al costo della vita sul territorio, ha detto il premier al Mattino. "Quanto alle gabbie salariali tutti condividono l'esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio - ha spiegato - Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalità economica e di giustizia".

BAGNO DI FOLLA - "La gente apprezza il lavoro che stiamo facendo come governo e questo ci conforta e ci rassicura": lo ha detto Silvio Berlusconi sabato pomeriggio durante una passeggiata ad Arona (Novara), una cittadina sul Lago Maggiore non lontana dalla villa in cui ha cominciato a trascorrere le vacanze. Il presidente del Consiglio, accolto dalla sorpresa e dalla curiosità di residenti e villeggianti, ha risposto a qualche domanda posta da una troupe del Tg3 del Piemonte.

VACANZA - "Sono un vecchio frequentatore del Lago Maggiore - ha esordito - e a Lesa (dove da quest'anno il premier ha una villa, ndr) si sta benissimo, è un posto fantastico. Arona, poi, ha questa consuetudine dei fuochi artificiali e ha un centro commerciale molto interessante". "Questo - ha spiegato ancora Berlusconi - è il mio primo giorno di vacanza fino al 14 di agosto. Dal 15 sarò a Roma e, nei giorni successivi, ho un programma piuttosto impegnativo". "È molto bello stare qui - ha aggiunto il premier - Però bisogna stare a casa, perché quando vengo ad Arona si blocca Arona ... Una conferma che la gente apprezza il lavoro che stiamo facendo come governo. E questo naturalmente ci conforta e ci rassicura".

 

08 agosto 2009(ultima modifica: 09 agosto 2009)

 

 

 

 

E sulla raccolta rifiuti: "Presto l'emergenza anche in altre regioni"

Berlusconi: "Rai non può attaccarmi

Non devo scusarmi per vita privata"

Affondo sul Tg3: "Attacchi insopportabili". Il presidente Garimberti: "Notizie non hanno colore"

MILANO - La situazione economica, i militari nelle città, la Rai e la vita privata. È un intervento agostano a tutto campo, durato quasi un'ora, quello di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Il premier tira le somme dei primi 14 mesi di legislatura ("Credo che nessun governo ha mai fatto tanto") e pone l'accento sui dati Ocse. "L’Italia è la prima in Europa per segni di ripresa" e questa, sottolinea Berlusconi, "è una buona notizia che va nella direzione della fiducia che io insisto bisogna avere per uscire presto dalla crisi".

LA RAI E LA VITA PRIVATA - Non solo economia, però. La conferenza stampa dà modo al premier di esprimere pesanti critiche sulla Rai. "State bene? Che aria si respira in Rai con i direttori che ho fatto io....?", scherza sulle prime il premier. Poi l'affondo: "Non dobbiamo più sopportare, non possiamo più sopportare che sia l’unica tv pubblica del mondo che con i soldi di tutti attacca il governo" ha però poi precisato il premier. Lo spunto gli arriva da una domanda di una giornalista del Tg3: "Lei fa parte di una testata che ieri ha fatto 4 titoli tutti negativi contro il governo" è stata la presa di posizione del premier. "Non sono ricattabile da nessuno e non ho scheletri nell'armadio. Non devo scusarmi, neppure con i miei familiari, per la mia vita privata" spiega poi Berlusconi rispondendo a una domanda sull'intervista rilasciata dalla figlia Barbara a Vanity Fair. "Lei mi vuole un bene dell'anima" aggiunge. Il Cavaliere si toglie poi qualche sassolino dalla scarpa e precisa che quanto dichiarato da Paolo Guzzanti "è infondato e vergognoso: non ci sono mai state telefonate, né intercettazioni, come può dimostrare la magistratura, c’è solo la vergogna per chi mette in circolo certe cose. È grave e si deve vergognare chi le propaga a mezzo stampa" dice il premier. "I giornali continuano a dire che odio le donne - sottolinea poi il capo del governo -. Se c'è qualcosa che adoro sono le donne, anche ministre".

REAZIONI - Le dichiarazioni del premier sulla Rai fanno scattare la reazione delle opposizioni e del presidente della Rai. "Siamo di fronte a un uomo politico che sfugge impaurito il confronto con il Parlamento e con l'opposizione, che teme le critiche della stampa libera", è il commento del segretario del Pd, Dario Franceschini. Per Antonio Di Pietro (Idv): "Solo una faccia di bronzo come Berlusconi può pensare di mistificare così la realtà. Già controlla la quasi totalità dell'informazione privata, adesso ha messo le mani anche su quella pubblica. Che tristezza vedere Berlusconi costretto a fare una conferenza stampa il 7 agosto per ricordarci i grandi successi del suo governo". Replica anche il presidente della Rai, Paolo Garimberti: "L’informazione del servizio pubblico non è, e non deve mai essere, né pro né contro alcuno ma ha l’obbligo di raccontare i fatti. Le notizie non hanno colore né odore e vanno date tutte, sempre, ma tenendole accuratamente separate dalle opinioni. Tutto il resto è speculazione politica che non mi interessa e non mi tocca".

Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi (Adnkronos)

Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi (Adnkronos)

MILITARI NELLE CITTÀ - In conferenza stampa il presidente del Consiglio affronta anche la questione sicurezza, spiegando che il governo pensa, tra le altre cose, ad un notevole aumento del numero di militari impegnati nell'affiancamento delle forze dell'ordine nei centri urbani. Secondo Berlusconi, la mobilitazione dei militari nelle città "ha avuto un forte gradimento dai cittadini e ha portato ad una diminuzione del numero dei reati, soprattutto di quelli commessi per strada che sono i più pericolosi". Si inserisce a questo punto una critica all'opposizione che rispetto al pacchetto sicurezza "si è scatenata solo sulle ronde, definite ’fasciste’, e sul reato di clandestinità", mentre la legge "è piena di provvedimenti per i cittadini".

"RIFIUTI, EMERGENZA IN ALTRE REGIONI" - Berlusconi parla poi dell'emergenza rifiuti risolta in Campania e spiega che il termovalorizzatore di Acerra "è un prototipo importantissimo che potremo utilizzare quando tra poco ci saranno emergenze in altre regioni".

MEZZOGIORNO - A Palazzo Chigi il premier torna sulle polemiche che riguardano il Sud. "Non pensiamo ad una cassa per il mezzogiorno, ma ad un istituto snello" spiega, aprendo alla possibilità che nel nuovo Ente che sarà creato per il Sud siedano anche esponenti dell’opposizione.

TURCHIA - Quanto all'accordo sul super gasdotto siglata tra la Russia e la Turchia, Berlusconi smentisce quanto affermato da una fonte turca all’agenzia Reuters, e cioè di una sua "intrusione" indebita nella firma dell’accordo che è invece, torna a sottolineare il premier, "un grande successo italiano".

"SQUADRA FORTE" - A conti fatti, per Berlusconi, l'esecutivo "è forte" e "durerà per i prossimi quattro anni" e il premier si dice "arcisoddisfatto" della squadra di ministri. Tuttavia non nasconde che qualche piccola aggiunta, magari qualche sottosegretario in più, dopo le vacanze, verrà nominato. Un esempio? Il ministero senza portafoglio dei Rapporti per il Parlamento attualmente ricoperto da Elio Vito: "A volte Vito è ubiquo - scherza il premier - ha bisogno di un sottosegretario".

 

07 agosto 2009(ultima modifica: 08 agosto 2009)

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-08-17

Il Senatur interviene sulla questione: "Non ho nulla contro l'Inno di Mameli

si sono inventati tutto per non parlare delle retribuzioni territoriali"

Bossi: "L'Inno solo un diversivo

per non parlare di gabbie salariali"

Bossi: "L'Inno solo un diversivo per non parlare di gabbie salariali"

Il leader della Lega Nord, Umberto Bossi

PONTE DI LEGNO (BRESCIA) - Non c'è alcuno scontro tra Umberto Bossi e l'Inno di Mameli. A dirlo è lo stesso Senatur, che accusa: "Tutta questa polemica è solo un diversivo per non parlare delle gabbie salariali".

Il chiarimento. "Ieri ho detto che ero commosso - precisa il segretario della Lega Nord - per il fatto che i padani conoscessero benissimo l'inno della Padania il Va' pensiero. Il resto è solo dietrologia. Se cantano il Va' pensiero non significa che siano contro Fratelli d'Italia".

Il diversivo. Tutta la polemica sarebbe, quindi, solo una forzatura dei giornali "si sono inventati che la Lega è contro l'inno italiano per non parlare dei salari, delle gabbie salariali e della necessità di aumentare i salari" e continua "Vogliamo aumentare i salari su base territoriale e chiediamo che siano legati al costo della vita".

(17 agosto 2009)

 

 

 

 

 

2009-08-16

Le esternazioni dei due ministri alla festa della Lega a Ponte di Legno

Il Pdl frena. Bondi: "Parole che indeboliscono il programma del governo"

Bossi: "Meglio 'Va pensiero' che l'inno di Mameli"

e Calderoli: "Già pronta la legge sui dialetti"

Bossi: "Meglio 'Va pensiero' che l'inno di Mameli" e Calderoli: "Già pronta la legge sui dialetti"

PONTE DI LEGNO (BRESCIA) - Il ministro per le Riforme Umberto Bossi è a Ponte di Legno, dove ogni anno va in vacanza e dove ogni anno, specie di questi tempi, ingaggia una sorta di competizione con i suoi colleghi della Lega a chi riesce a tenere più alta l'attenzione dei media con le rispettive esternazioni. Stavolta la sfida è sull'inno nazionale e sui dialetti, con accenti che inducono diversi esponenti della maggioranza a prendere le distanze e a parlare di "dichiarazioni propagandistiche che indeboliscono il programma di governo".

Bossi e l'inno di Mameli. Ha cominciato lo stesso Bossi, durante la festa della Lega, appunto, a Ponte di Legno, dicendo: "Quando cantiamo il nostro inno, Va' pensiero - il celebre coro del Nabucco di Verdi n.d.r. - tutti lo cantano perché si conoscono le parole, non succede come con l'inno italiano che invece nessuno conosce".

Poco prima, presentando il trailer del film Barbarossa, che verrà proiettato in anteprima il 2 ottobre prossimo nel Castello Sforzesco a Milano, il leader del Carroccio aveva anche affermato: "Il nuovo potere e il Barbarossa oggi abitano nella capitale, con questo film vogliamo lanciare un messaggio a Roma ladrona: non esagerare".

Bossi non ha saputo trattenere le lacrime per le scene delle battaglie e ha invitato a partecipare alla prima del film: "Vi regaleranno un libro che metterete nel posto più bello della vostra casa e quella serata non la dimenticherete. Ci saranno ambasciatori, consoli e tanti personaggi che di solito vedete solo sui giornali. Resterete a bocca aperta".

"Vedrete - ha proseguito dopo un lungo racconto storico sulla Lega Lombarda - la storia del grande popolo padano che è sempre stato schiacciato dal dominio del centralismo romano".

Calderoli e i dialetti. Sempre a Ponte di Legno è quindi arrivato un altro ministro della Repubblica, Roberto Calderoli, il quale ha annunciato: "L'anno scorso a Ferragosto ho portato la bozza del federalismo fiscale che, in meno di un anno, è diventata legge. Oggi Bossi ha in mano la bozza di legge sui dialetti e vi garantisco che non durerà tanto di più per diventare legge".

"Nel 2006 - ha aggiunto il ministro della Semplificazione - avevamo presentato una proposta di legge costituzionale perché ci fosse la tutela delle lingue locali e dei dialetti e anche della lingua italiana. Oggi, infatti, la lingua italiana è il dialetto romanesco che ci passa la Rai".

Calderoli è quindi tornato sulla polemica delle scorse settimane sull'esame di dialetto per gli insegnanti: "Noi vogliamo un esame per far sì che chi prende 110 e lode a Reggio Calabria venga riqualificato rispetto all'80 che avrebbe preso a Milano".

Il Pdl prende le distanze. Il commento più incisivo da parte del Pdl è quello del ministro della Cultura Sandro Bondi, coordinatore del partito di Berlusconi: "Le ripetute dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti della Lega ma non solo, indeboliscono e offuscano un serio programma di cambiamento economico, sociale e istituzionale che tutte le forze politiche dell'attuale maggioranza sono impegnate a sostenere".

"Derubricare le dichiarazioni di Umberto Bossi a chiacchiere estive - ha scritto Bondi in una nota - amplificate da mezzi di informazione avidi di notizie clamorose, non sarebbe rispettoso dell'intelligenza politica e dell'umanità personale del leader della Lega". "Mi chiedo piuttosto e desidererei chiedere agli amici della Lega - ha aggiunto il coordinatore Pdl - che rapporto vi sia tra i programmi di modernizzazione del Paese, che la Lega giustamente pone al centro della propria azione politica, e che costituiscono il nucleo fondamentale del programma di governo, e le ripetute dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti della Lega ma non solo, che indeboliscono e offuscano un serio programma di cambiamento economico, sociale e istituzionale che tutte le forze politiche dell'attuale maggioranza sono impegnate a sostenere".

Il presidente vicario del gruppo Pdl alla Camera, Italo Bocchino, è entrato nel merito della parole di Calderoli: "Il disegno di legge sui dialetti di cui parla è ben diverso da quello sul federalismo, non facendo parte del programma di governo. Non c'è pertanto nessun vincolo di maggioranza e non ci sarà lanostra disponibilità a votarlo".

Non s'è fatta attendere neanche la replica del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri: "L'Inno di Mameli non si tocca e nessuno lo cambierà e comunque non sopravvaluto le attività di tradizionale propaganda estiva di Bossi e della Lega".

Così come non ha tardato il commento alle affermazioni di Bossi e Calderoli, di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl: "E' auspicabile che si torni presto a parlare di cose serie, limitando lo spazio ora occupato copiosamente da questioni non rilevanti". "Anch'io vorrei ribadire - ha aggiunto - che, per i nostri giovani e per le loro prospettive di lavoro, le ore di inglese sono e saranno molto più utili di qualche improbabile ora di bergamasco o viterbese o avellinese. Sarebbe il caso che tutti, inclusi gli amici della Lega, lo tenessimo ben presente".

(16 agosto 2009)

 

 

 

 

2009-08-14

Il leader della Lega dal ritiro a Ponte di Legno affronta i temi e le proposte

A cominciare dai "salari territorializzati": "Presto incontri con il sindacato"

Gabbie salariali e dialetto, Bossi rilancia

La Russa: "Frutto del sole d'agosto"

Il leader della Lega sull'Udc: "No ad accordi con i centristi"

Gabbie salariali e dialetto, Bossi rilancia La Russa: "Frutto del sole d'agosto"

Umberto Bossi

PONTE DI LEGNO (BRESCIA) - Federalismo fiscale, gabbie salariali, partito del Sud e dialetto obbligatorio. Conversando con i giornalisti dal suo ritiro a Ponte di Legno (Brescia) Umberto Bossi ha affrontato temi e proposte della Lega, elencando priorità e programmi dei prossimi mesi. Proposte che Ignazio la Russa liquida in fretta: "parlare di gabbie salariali dipende dal sole d'agosto".

"Salari territorializzati". Il leader del Carroccio e ministro delle Riforme, giunto ieri sera con la famiglia per trascorrere una breve vacanza a Ponte di Legno, dove domani terrà un comizio alla festa della Lega, torna a insistere sulla nuova battaglia del Carroccio lanciata nelle scorse settimane, quella per le cosiddette "gabbie salariali". "Questa estate voglio sostenere le gabbie, anzi i salari territorializzati", dice ripetendo il concetto già espresso nei giorni scorsi: "I lavoratori devono arrivare a fine mese, in particolare al nord, dove la vita costa di più". Bossi ha quindi aggiunto che l'introduzione del salario territorializzato non può avvenire solo per via legislativa: "Ci sono i sindacati, quindi si deve dare il via alla contrattazione. I sindacati devono parlare con il governo".

La Russa: "Proposte frutto del sole d'agosto". "Gabbie salariali e dialetti? In agosto si parla di un po' di tutto. Posso dire con sicurezza che per legge non imporremo né gabbie salariali né differenze salariali da

territorio a territorio" ha detto Ignazio La Russa ai microfoni di Sky Tg24. "Diverso - ha spiegato il titolare della Difesa - è affidare alla contrattazione territoriale la crescita degli attuali salari, mi pare che questo possa anche uno stimolo. Ma parlare di gabbie salariali dipende dal sole di agosto".

Federalismo fiscale. "Il federalismo fiscale non costa niente, comunque a settembre metteremo i numeri accanto a ogni voce". Lo ha affermato il ministro delle Riforme Umberto Bossi replicando a chi sostiene che il federalismo fiscale costa di più allo Stato. "Il vero problema - ha aggiunto - è la sanità con una spesa fuori controllo. Non è possibile che al Sud una garza costi cento volte di più rispetto al Nord".

"Dialetto deve essere obbligatorio". Bossi ha rilanciato l'idea di introdurre lo studio del dialetto a scuola e ha annunciato che inizierà a scrivere la legge. "Secondo me - ha spiegato - lo studio del dialetto deve essere obbligatorio". Alla domanda se ha avuto sull'argomento un confronto con il ministro Gelmini, Bossi ha replicato: "Con lei non ho parlato, se vuole in questi giorni può venire qui a Ponte di Legno a parlare". Bossi ha quindi spiegato che, a suo avviso, il dialetto dovrebbe essere insegnato attraverso la musica e lo studio delle canzoni popolari per renderlo piacevole: "Me lo ha spiegato anche mia moglie, che insegna, e di queste cose se ne intende".

"Nessun problema per un partito del Sud". Un partito del Sud "a noi non creerebbe nessuna difficoltà, è una vicenda interna al PdL" ha detto il ministro delle Riforme. "Una cosa deve essere chiara - ha spiegato Bossi - i partiti non nascono perché un gruppo di dirigenti lo vuole, ma perché lo vuole la gente. La Lega è nata perché la gente ha detto basta con Roma ladrona. Non è quindi possibile che al Sud nasca un partito perché un gruppo di dirigenti lo vuole promettendo che poi farà arrivare i soldi in quelle zone". Secondo Bossi l'idea del partito del Sud è nata perché a fronte della crisi economica "i soldi dell'Europa sono stati dirottati per gli ammortizzatori sociali al Nord dove hanno chiuso le fabbriche. Nessuno dimentichi che nella storia il Nord ha sempre dato i soldi al Sud".

"Innse, non dare il via a lotta di classe". Il ministro delle Riforme si è dichiarato soddisfatto per la conclusione positiva della lotta degli operai dell'Innse di Milano per evitare lo smantellamento della fabbrica, ma si è anche detto preoccupato per la possibile radicalizzazione delle vertenze: "Quella lotta ha pagato, ma ora non si deve dare il via alla lotta di classe". "Non è il momento - ha aggiunto Bossi - per fare quelle cose lì. Oggi gli imprenditori sono dei poveri disgraziati. Non si deve pensare che sono contro gli operai, lavorano anche loro per il bene delle fabbriche".

"No a candidatura di Formigoni". Sulla presidenza delle Regione Lombardia "la trattativa è aperta ma fino all'ultimo non diamo nessun ok alla candidatura di Formigoni. E' un amico, si è comportato bene, però fino all'ultimo la partita è aperta". Bossi prende le distanze dall'iniziativa del gruppo leghista in Regione Lombardia, che propone di introdurre una norma che impedisca a Formigoni di candidarsi nuovamente, ma lascia la porta spalancata per la possibilità di una futura guida leghista. E promette che alle prossime elezioni regionali lombarde del 2010 la Lega "certamente farà la sua parte, però a me non interessa litigare con Formigoni, mi interessa fare degli accordi. Ci interessa che le nostre idee vadano a bersaglio".

"L'Udc resti dov'è". A Bossi non interessa un riavvicinamento dell'Udc al centrodestra neppure in vista delle elezioni regionali del prossimo anno. "Lasciamoli dove sono, rompono le b... e basta" ha detto Bossi dal suo ritiro di Ponte di Legno. "In Padania - ha aggiunto - non abbiamo bisogno dei voti di nessuno. I voti li abbiamo e poi mi domando: con l'Udc siamo sicuri poi di poter governare?".

(14 agosto 2009)

 

 

 

 

2009-08-10

Berlusconi e le gabbie salariali:

"Assurdo, non ho mai detto sì"

Intervista al Giornale: "Basta deformare le mie parole, Ho solo parlato di contrattazione decentrata"

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Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

ROMA - Alle gabbie salariali "non ho mai detto sì. È la solita storia. Si monta una polemica assurda sul nulla". Intervistato dal Giornale, Silvio Berlusconi puntualizza la sua posizione sui salari differenziati tra Nord e Sud: "Adesso diranno che ho fatto retromarcia, che mi sono rimangiato tutto o chissà cos'altro. La verità è un'altra. Quando ho affrontato la questione delle retribuzioni legate al territorio, non ho mai parlato di gabbie salariali. E quando ho detto che mi sembra sia giusto discutere di questo rapporto - spiega il premier - mi riferivo semplicemente a qualcosa che già esiste". Ossia "alla contrattazione decentrata, già approvata peraltro dalle categorie sindacali, Cgil esclusa". Dunque nulla a che vedere con le gabbie salariali, "nulla di tutto questo".

ASSALTO ALLA PRIVACY - Il presidente del consiglio, nell'intervista, protesta contro l'assalto dei fotografi a villa Certosa: "Rendiamocene conto, non esiste più il privato, per nessuno. Io, per quanto mi riguarda. ho fatto tanto - rimarca - e continuo a lavorare nell'interesse del Paese. Merito, sinceramente, di essere lasciato un po' in pace. Basta violare la privacy". Berlusconi non è irritato, ma "ci sono esagerazioni e pressioni assurde, di continuo. E la preoccupazione, quella sì, esiste". Il premier, infine, conferma che a Ferragosto sarà al mattino al Viminale, con i ministri Roberto Maroni e Angelino Alfano, "per l'incontro sulla sicurezza già concordato", e nel pomeriggio all'Aquila, "a verificare lo stato d'avanzamento dei lavori, che proseguono di gran carriera". Del resto, "è una delle nostre priorità di governo - dice Berlusconi - e, voglio ribadirlo ancora una volta, andremo avanti senza sosta".

L'OPPOSIZIONE- "La retromarcia di Berlusconi non è mai una notizia, le fa tutti i giorni. Lui ha parlato di gabbie salariali esattamente il 9 agosto, in questa intervista del 'Mattinò in cui ha detto: "quanto alle gabbie salariali, tutti condividono l'esigenza di rapportare retribuzioni al costo della vita e al territorio. Legare i salari ai diversi livelli di costo della vita tra Nord e Sud risponde ai criteri di razionalità economica e di giustizia". Naturalmente lui si smentisce con una facilità totale". Dario Franceschini, segretario nazionale del Pd, attacca il presidente Silvio Berlusconi. E aggiunge: "Io resto al merito: le gabbie salariali sarebbero un ritorno all'indietro, sono state in vigore nel nostro Paese dal 1946 alla fine degli anni Sessanta, vorrebbe dire regolamentare gli stipendi per legge. Se esiste un problema, che in parte esiste, di differenza di costo della vita, ogni correttivo va affidato alla negoziazione e alla contrattazione tra le parti e non sicuramente a norme di legge. È solo una boutade estiva della Lega, finalizzata come al solito a cavalcare un problema reale dando una risposta sbagliata, che è quello che la Lega fa sempre".

I SINDACATI- La questione è chiarita. Raffaele Bonanni, leader della Cisl non segue la Cgil sulla strada di una mobilitazione che non esclude lo sciopero generale: "Per quanto mi riguarda su questo tema non ci sarà bisogno di mobilitazione". Infatti: "Mi sembra che ieri il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, abbia chiarito un punto di vista assai ragionevole - dice il leader della Cisl - : le pattuizioni non possono che essere di natura contrattuale, e non possono essere assorbite da interventi di autorità del governo".

 

12 agosto 2009(ultima modifica: 13 agosto 2009)

 

 

 

2009-08-10

I governatori di Sicilia e Calabria respingono l'idea di Berlusconi e di Bossi

Oltre alla Uil puntano i piedi anche Cisl e Ugl. Bonanni: "Un ritorno all'Urss"

Gabbie salariali, il Sud dice "No"

Angeletti: "Una stupidaggine"

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Gabbie salariali, il Sud dice "No" Angeletti: "Una stupidaggine"

ROMA - Il dibattito politico di agosto si infiamma sulle gabbie salariali dopo l'ok di Berlusconi alla Lega. Un'idea "vecchia e superata" che penalizzerebbe ulteriormente il Sud, secondo il segretario del Pd Dario Franceschini. "La sola definizione di 'gabbie' fa schifo", rincara la dose il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo. Puntano i piedi anche Cisl, Uil e Ugl, qualche distinguo arriva anche dal centrodestra. Per il presidente dei senatori del PdL Maurizio Gasparri, "il termine gabbie salariali va tolto dal dibattito perché ingenera equivoci e giustamente si presta a polemiche".

Angeletti (Uil). Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti boccia senza mezzi termini l'idea: "Le gabbie salariali sono solo una stupidità, non condivisa da nessun imprenditore o dalle loro associazioni, perché il salario e le retribuzioni compensano il lavoro come si fa e non dove si fa: i politici dovrebbero essere un po' più attenti quando affrontano i problemi salariali".

Bonanni (Cisl). Punta i piedi anche il segretario generale della Cisl: Se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge "sarebbe un ritorno all'Unione Sovietica - dice Raffaele Bonanni - scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria".

Polverini (Ugl). La proposta non piace neanche all'Ugl: "Le gabbie salariali sono un errore, servirebbero solo a penalizzare ulteriormente il Sud", dice Renata Polverini, rimarcando come "la differenziazione salariale,inoltre, vanificherebbe l'obiettivo,inseguito per tanto tempo, e raggiunto con grande fatica con la riforma contrattuale di premiare i livelli di produttività, riforma che il governo dovrebbe sostenere,anche con politiche fiscali di incentivo".

Franceschini (Pd). Le gabbie salariali sono un'idea "vecchia e superata" che penalizzerebbe ulteriormente il Sud che non ha bisogno degli "show mediatici" del presidente del Consiglio ma di misure concrete per rivitalizzare l'economia e lo sviluppo, sostiene il segretario del Pd, Dario Franceschini, in un'intervista a "Il Mattino". Le gabbie salariali, sottolinea, sono già state bocciate da Confindustria e sindacati. "Mi stupisco che Berlusconi le rilanci. L'idea è vecchia e superata. Inoltre, si lascerebbero immutati gli stipendi del Nord mentre quelli del Sud diminuirebbero". Secondo il leader del Pd la proposta di Berlusconi "è tutto fumo per coprire la realtà delle cose. E, cioè, che i soldi a disposizione del Sud sono stati spesi per altro".

Cota (Lega). "La Lega dice la verità - sostiene il presidente dei deputati del Carroccio, Roberto Cota - dice cose giuste, difende gli interessi della gente e ha le idee perché Umberto Bossi politicamente vede più lontano degli altri e quindi chi entra nel merito delle cose di solito è costretto a darci ragione. Chi invece non lo fa, come Franceschini, si dedica alla politica di chi dice sempre di no ed è sempre più lontano dalla realtà".

Lombardo (Mpa). Duro il commento del presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo: "La sola definizione di 'gabbie' fa schifo. Consiglierei a Bossi di usare un vocabolario meno spregevole. La Lega sta rimarcando il suo peso nel governo e Berlusconi si appiattisce sulla linea di Pontida. Vedrà che nessuno fiaterà. Prima di parlare di differenze di salario sarebbe bene parlare di parità di occupazione".

Loiero (Pd). Rincara la dose il governatore della Calabria, secondo cui "il timone del Paese è saldamente in mano alla Lega Nord". Per Agazio Loiero "è Bossi a indicare una rotta che emargina il Sud e disgrega l'unità nazionale - dice ancora - Con la sua intervista Berlusconi ha fatto una prova generale. Se l'effetto è dirompente, magari frena. Ma se trova un clima di resa...".

Gasparri (Pdl). Prende le distanze dalla proposta di Berlusconi anche An: "Il termine gabbie salariali va tolto dal dibattito perché ingenera equivoci e giustamente si presta a polemiche", dice il presidente dei senatori del PdL Maurizio Gasparri. "Il programma per il Sud che stiamo mettendo a punto - sottolinea - deve lasciare spazio alla flessibilità contrattuale, affinché si tenga conto dei livelli di produttività e del costo della vita. Niente di più di quanto anche le forze sindacali reputano giusto e logico".

Cicchitto (Pdl). Non ci sarà una legge che stabilirà i differenziali salariali tra Nord e Sud. Lo puntualizza in una nota il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto. "I salari, presi oggettivamente, dipendono da un complesso di fattori: dalla situazione economica generale, dai rapporti di forza tra le parti, dai livelli di produttività aziendali e, evidentemente, dal costo della vita", sottolinea Cicchitto. "Il presidente del Consiglio si è riferito a questi parametri. Nessuno pensa di fissare per legge i differenziali salariali".

Casini (Udc). "La Lega sta determinando la politica del Governo, dalle ronde alle gabbie salariali, ai dialetti, alle bandiere regionali, tutto quello che fa questa maggioranza, lo fa perché lo vuole la Lega. Bisogna bloccare questa deriva e pensare di più ai problemi degli italiani", afferma il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini.

(10 agosto 2009)

 

 

 

 

 

Sondaggio Ipr Marketing: nelle regioni settentrionali favorevoli tre cittadini su quattro. Stessa percentuale di "no" nel Meridione

Gabbie salariali, Italia divisa

Sì dal Nord, contrario il Sud

di ANTONIO NOTO

Gabbie salariali, Italia divisa Sì dal Nord, contrario il Sud

Bossi e Berlusconi

Le gabbie salariali dividono gli italiani. Il consenso alla proposta di adeguare i salari al costo della vita nelle singole regioni d'Italia è trasversale in relazione alla appartenenza politica degli intervistati, mentre è fortemente influenzato dall'area di residenza. Dall'analisi disaggregata per area geografica, emerge una netta polarizzazione delle opinioni: tre cittadini su quattro al Nord si dicono favorevoli, al sud si dichiarano contrari. Insomma un'Italia divisa in due, in maniera netta.

D'altronde anche gli stessi partiti avrebbero il problema di spiegare questa proposta ai propri elettori. I partiti del centrodestra dovrebbero convincere i propri elettori del Sud della bontà di questa proposta ed al contempo quelli di opposizione dovrebbero convincere i propri elettori del Nord della contrarietà alle gabbie salariali.

Nella parte settentrionale del Paese è prevalente la convinzione che il provvedimento costituirebbe anche un incentivo allo sviluppo del Meridione (53% del campione). Tra i cittadini del sud, al contrario, è maggioritaria la sensazione che la differenziazione del costo del lavoro finirebbe con l'accentuare ulteriormente le diseguaglianze tra le diverse aree del Paese( 72% del campione).

Tornando sul piano nazionale, l'incertezza va anche ricondotta al fatto che la differenziazione dei salari è considerata di fatto come già acquisita: il 58% degli italiani ritiene che esista una sensibile disparità di trattamento a livello economico tra lavoratori del Nord e del Sud, tale da rendere superflua l'introduzione delle gabbie proposta dal leader della Lega Umberto Bossi e sostenuta dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

(10 agosto 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-08-09

Il premier in un'intervista al Mattino delinea il suo piano per il Sud

"Guiderò io l'Agenzia, non sarà un'altra Cassa per il Mezzogiorno"

Berlusconi, sì alle gabbie salariali

"Agganciare paga a costo della vita"

Berlusconi, sì alle gabbie salariali "Agganciare paga a costo della vita"

 

ROMA - E' giusto "agganciare" i salari al costo della vita sul territorio: Silvio Berlusconi, intervistato da Il Mattino, dice sì alle gabbie salariali, tema caro alla Lega e rilanciato ieri sera proprio da Umberto Bossi a Pontida.

Il premier, nel suo colloquio con il quotidiano napoletano nel quale anticipa i contenuti piano decennale di rilancio del Sud, afferma: "Quanto alle gabbie salariali tutti condividono l'esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio. Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalità economica e di giustizia".

Quanto all'Agenzia per il Sud, il premier chiarisce che sarà lui a guidare la Agenzia per il Sud: "Dobbiamo concepire l'intervento straordinario come un grande "New Deal rooseveltiano", come un "piano Marshall" per il Sud. Negli Stati Uniti gli squilibri territoriali furono rimossi nel periodo del new deal attraverso un'agenzia di livello federale, non dei singoli Stati: la Tennessee Valley Authority fu messa in piedi dal governo di Washington e non dal governatore del Tennessee. Anche nel nostro caso il ruolo di guida non può essere che del premier".

In ogni caso non sarà una riedizione della vecchia "Cassa": "No. Pensiamo ad un Istituto molto diverso anche se vorrei ricordare che la prima Cassa per il Mezzogiorno (quella di Gabriele Pescatore, grande giurista e uomo dedito al bene della Nazione che la guidò dal 1955 al 1976) ottenne risultati straordinari: fu cancellata la malaria, furono risanati 500mila ettari di palude, si realizzarono o resero più moderni circa 30mila km di strade, a 12 milioni di persone fu portata l'acqua potabile. Fu un ventennio straordinario cui seguì, purtroppo, un periodo di degenerazione".

Berlusconi lancia un'accusa alla classe dirigente del meridione e sottolinea l'importanza del federalismo fiscale.

"Tra il 1998 (anno di avvio della 'nuova programmazione') e il 2004 è stata conferita al sud una massa di risorse pari a 120 miliardi di euro di spesa pubblica in conto capitale, di cui poco più di 55 miliardi di euro di spesa straordinaria. A fronte di tante risorse, le distanze fra il Centro-Nord e il Sud del paese sono rimaste inalterate; anzi l'economia meridionale è diventata, in questi anni, meno competitiva. evidente la responsabilità delle classi dirigenti meridionali e del cattivo funzionamento del Titolo V della Costituzione. solo con il federalismo fiscale che avremo una effettiva assunzione di responsabilità da parte delle classi dirigenti delle regioni meridionali".

"Alla nuova Banca del Mezzogiorno, che vorremmo operativa sin dalla ripresa dopo la pausa estiva, sta lavorando - sostiene il premier - il ministro Tremonti, che ha già reso note alcune coordinate dell'iniziativa". Il governo, come ha detto Tremonti, è convinto del fatto che "le banche che operano nel territorio ma non sono del territorio non bastano" perché "solo un ceto bancario radicato nel territorio ed espressione della classe imprenditoriale locale è in grado di effettuare una politica selettiva del credito" tale da rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno. Il progetto si fonderà sulla rete creditizia delle banche di Credito cooperativo, che nelle regioni del Sud sono presenti con oltre 600 sportelli che nel 2008 hanno raccolto 14,6 miliardi e ne hanno impiegati 10".

Quanto alla vicenda dei fondi Fas, Berlusconi respinge le accuse: "I fondi non mancano, mancano i progetti in cui impiegare questi fondi. Il governo ha preferito utilizzare per servizi e attività a beneficio di tutto il Paese fondi che sarebbero rimasti ancora a lungo inutilizzati invece di introdurre nuove tasse ed alzare la pressione fiscale. Quanto al rapporto con le Regioni, siamo sempre aperti al dialogo. C'è piuttosto un atteggiamento preconcetto delle Regioni guidate dalla sinistra nei confronti del governo: è accaduto con il Piano Casa, sta accadendo con la riforma della Pubblica Amministrazione e con il piano per il Sud".

Berlusconi aggiunge: "Conosco imprenditori straordinari che hanno realizzato cose eccellenti al Sud e sono pronti a investire ancora per creare nuovi posti di lavoro. Quello che ci chiedono è un efficiente sistema di infrastrutture, un contrasto efficace alla criminalità organizzata (e non l'antimafia delle chiacchiere e della retorica) e una fiscalità di vantaggio che attiri nuovi investimenti. Sono tre obiettivi che abbiamo fatto nostri".

I settori su cui punterà il piano? "Infrastrutture, turismo, innovazione. Tutti settori che possono creare un gran numero di posti di lavoro anche per diplomati e laureati", risponde il premier.

(9 agosto 2009)

 

 

 

 

Per il segretario della Cgil si prepara un autunno durissimo

Molte aziende potrebbero non riaprire a settembre"

Epifani: "Brutti segnali in fabbrica

No alle gabbie, salari troppo bassi"

"Gli stipendi sono scarsi ovunque. No a paghe diverse per lo stesso lavoro

Si dovrebbe pensare a patti locali per fronteggiare il caro casa

di LUISA GRION

Epifani: "Brutti segnali in fabbrica No alle gabbie, salari troppo bassi"

Guglielmo Epifani

ROMA - E' vero: il costo della vita al Sud è più basso rispetto che al Nord. Ma pensare che le diseguaglianze si risolvano tagliando le buste paga di chi vive nelle regioni meridionali è pura demagogia. Per Guglielmo Epifani, leader della Cgil, l'impostazione va rovesciata: il vero problema - assicura - è che in Italia i salari sono bassi dappertutto. E le differenze di stipendio - o gabbie salariali - ci sono già: fra Nord e Sud, ma non solo. Aumentare i divari sarebbe un fatto "inaccettabile" che renderebbe ancora più dura la capacità di tenuta delle famiglie davanti alla crisi, di cui il sindacato non vede affatto la fine.

Cosa si aspetta la Cgil dalla riapertura delle fabbriche a settembre? Il peggio non è passato?

"Purtroppo temiamo che in autunno possa realizzarsi un pericoloso paradosso dovuto all'eccezionale durata della fase critica, che ormai va avanti da un anno. Forse la produzione interromperà la discesa, ma la disoccupazione rischia di aumentare. I segnali che anche in agosto arrivano dalle fabbriche non sono buoni: le imprese, consumati i periodi di cassa integrazione, ora possono chiudere e mettere i dipendenti fuori dall'azienda. Sono d'accordo con la Marcegaglia: ci saranno altri mesi duri".

Abi e piccole imprese hanno appena siglato un accordo sul credito, avrà effetti sulla capacità di resistenza delle imprese?

"Me lo auguro, ma l'applicazione dell'accordo non è obbligatoria, si basa su adesioni volontarie. La moral suasion può non essere sufficiente".

Parliamo di Sud e dei dati della Banca d'Italia: vivere nel Meridione costa il 17 per cento in meno. La Cgil è contraria a recuperare questo divario sugli stipendi?

"La Cgil è contraria alle differenze salariali per chi fa lo stesso lavoro con la stessa professionalità. Le paghe sono già più basse al Sud rispetto al Nord del 15-20 per cento. Come sono inferiori quelle dei giovani rispetto ai meno giovani, delle donne rispetto agli uomini e dei lavoratori migranti rispetto agli italiani. Differenze che per me vanno superate, non ampliate. Né si può accettare che ci sia una compensazione automatica fra salari bassi al Sud e prezzi alti al Nord, troppo facile risolvere la questione così".

Ma visto che il differenziale di prezzi c'è e che per un metalmeccanico di Varese la vita è più cara rispetto a quella di un collega siciliano, cosa pensa si possa fare?

"Non si può semplificare il tutto parlando di Meridione e Settentrione. A Palermo ci sono voci di spesa alimentare alte quanto a Trieste. Nel Sud i servizi sono di qualità inferiore e le famiglie, quando devono curare i cari, si trasferiscono al Nord spendendo un sacco di soldi. La differenza di costo c'è, ma si concentra in realtà su una sola voce: la casa. E' li che dobbiamo agire".

Come?

"Sviluppando accanto alla contrattazione nazionale e a quella di secondo livello basata sulla produttività un terzo canale: la contrattazione territoriale sociale. Imprese, sindacato ed enti locali dovrebbero accordarsi per trovare delle soluzioni al maggior costo abitativo. Un po' come oggi già si fa sulle tariffe. Il meccanismo permetterebbe di non toccare i salari, ma di offrire compensazioni attraverso politiche vantaggiose per le case e i servizi. Una sorta di salario sociale da aggiungere a quello aziendale e nazionale".

Con quali risorse regioni, province e comuni dovrebbero quindi sostenere il costo di tale iniziativa?

"Forme di contrattazione sociale già esistono, ma vanno rafforzate. Per questo bisogna rivedere il patto di stabilità interno".

Quindi la Cgil non vuole che la soluzione passi attraverso le buste paga. Come mai allora fu proprio il suo sindacato a siglare nel dopoguerra l'accordo sulle gabbie salariali con la Confindustria. Perché allora sì e ora no?

"Il contesto era completamente diverso. Le differenze allora furono accettate perché le varie zone dell'Italia erano state liberate in tempi diversi e bisognava trovare un meccanismo che permettesse un riequilibrio. Un po' come è successo fra Germania dell'Est e dell'Ovest al momento della riunificazione. Ma il fine ultimo non è differenziale, è parificare. Per questo ora tornare alle gabbie salariali vorrebbe dire fare un passo indietro. Calderoli invece di lanciare messaggi del genere farebbe bene ad occuparsi di fabbriche del Nord sull'orlo dello smantellamento, come l'Innse".

(6 agosto 2009)

 

 

 

Nulla di fatto nell'incontro di ieri. Errani sconfortato: "Non ci sono risposte"

Fitto difende l'esecutivo: "C'è piena disponibilità, ci rivediamo ai primi di settembre"

Pochi soldi per Fas e sanità

E' rottura tra regioni e governo

Nessuna chiarezza sui Fondi per le aree sottoutilizzate e il Piano salute

Pochi soldi per Fas e sanità E' rottura tra regioni e governo

Fitto e Berlusconi all'incontro con le Regioni

ROMA - Fumata nera ieri a tarda sera a Palazzo Chigi tra governo e Regioni su un numero cospicuo di temi, su cui spiccano i fondi Fas, il nuovo Patto per la salute, il Ministero del Turismo e i fondi per il welfare. "La rottura con il governo resta", ha detto al termine della riunione uno sconfortato Vasco Errani. Il presidente della Conferenza delle Regioni ha spiegato che le prime risposte l'esecutivo le fornirà il 3 o 4 settembre, ma che in ogni caso "l'incontro ha avuto un esito negativo". Il premier Silvio Berlusconi ha assicurato che la disponibilità del governo c'è: "Vogliamo tornare alla collaborazione". Ma le parole non bastano e la distanza resta, ha ribattuto Errani.

"Per quanto ci riguarda - ha ammonito - siamo pronti a dare una piena collaborazione al Governo per risolvere le questioni rimaste ancora senza risposta. Per fare questo però serve reciprocità: l'esecutivo la deve smettere di procedere in maniera unilaterale come ha fatto spesso in questi ultimi mesi". Altrimenti "la situazione rischia di diventare drammatica".

In tema di Fondi per le aree sottoutilizzate, "riteniamo che le risorse non ci siano - ha precisato Errani -. Un dubbio che deve essere chiarito con un'operazione verità, smettendola una volta per tutte con l'uso dei Fas come Bancomat". Pollice verso anche per il Piano Salute 2010-2011: le risorse ad esso destinate, ha spiegato Errani, "sono sottostimate; e mi piace sottolineare che per parte nostra abbiamo offerto al Governo la nostra disponibilità a rivedere il Piano anche per il periodo 2010-2013". Stesso tono sulle regioni commissariate per i deficit accumulati sul fronte della sanitario, ambito sul quale il leader delle Regioni ha esortato il premier ad avere "un atteggiamento più coerente".

Da parte sua il presidente del Consiglio ha rilanciato facendo leva sugli accordi "raggiunti nei mesi scorsi su questioni come il Piano Casa e gli ammortizzatori sociali. Vogliamo tornare a quel periodo di collaborazione, da parte nostra c'è tutta la disponibilità a riprendere il dialogo".

Gli ha fatto eco il ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto: "Sui temi sollevati dalle Regioni il governo ha preso un impegno preciso. Il 3 o il 4 settembre ci rivedremo. Ora non poteva che essere un appuntamento interlocutorio".

Quanto ai Fas ha assicurato che la possibilità di fare una verifica sull'entità e sulla destinazione dei soldi, c'è, ma "essendo fondi destinati a investimenti non c'è una problema immediato di cassa, ma c'è la necessità di un percorso condiviso. Le Regioni chiedono un gruppo di lavoro e hanno già individuato tre persone".

Ma dove il governo parla di collaborazione, i governatori rispondono manifestando insoddisfazione per l'esito della riunione. "Di positivo c'è solo che il filo del dialogo viene tenuto in vita fino al 4 settembre", afferma il presidente del Lazio Piero Marrazzo. "Noi siamo stati rinviati a settembre, ma impreparati sono solo loro", sintetizza Maria Rita Lorenzetti, che guida la giunta umbra. E il pugliese Nichi Vendola parla di "grande confusione" da parte del governo. Non si sbilancia il governatore abruzzese Gianni Chiodi: "Ci vuole maggiore dialogo tra governo e Regioni".

(6 agosto 2009)

 

 

 

IL COMMENTO

Perché la Lega

sta facendo ammuina

di EUGENIO SCALFARI

LA PAROLA "isteria" e l'aggettivo "isterico" sono stati usati per la prima volta da Ezio Mauro nel suo articolo di ieri a proposito dei recentissimi comportamenti del nostro presidente del Consiglio. Si sente braccato, inventa un suo ruolo maieutico in tutte le trattative internazionali che si rivela però del tutto infondato (a cominciare dal vertice russo-turco sul gasdotto); insulta come delinquenti due giornalisti che fanno domande scomode ma pertinenti nel corso di una conferenza stampa da lui convocata; teme l'arrivo di un settembre difficile per il governo e per lui e lo dice nel corso d'una riunione con i suoi collaboratori mentre contemporaneamente riafferma che il peggio della crisi è passato e che da settembre verrà il bello.

Insomma isteria. Isteria da insicurezza psicologica, economica, politica.

Osservo tuttavia che il presidente del Consiglio non è il solo a soffrire di questo sintomo e a manifestarlo con i suoi comportamenti. Ne sta infatti visibilmente soffrendo il partito a lui più vicino, quello dalla cui tenuta dipende la permanenza in carica del governo e del premier. Parlo della Lega Nord e del terzetto che la guida: Umberto Bossi e i suoi colonnelli Calderoli e Maroni. I loro più recenti comportamenti non consentono dubbi su questa diagnosi: il terzetto di punta della Lega sembra in preda ad un male oscuro al quale cerca di sottrarsi inseguendo alternative che hanno il solo effetto di peggiorare la situazione e di scaricarne gli effetti negativi non tanto sulla Lega quanto sull'intera comunità nazionale.

Le due insicurezze e le isterie che ne derivano - quella del premier e quella della Lega - rischiano di raggiungere la loro massima intensità nei prossimi mesi a partire dalla ripresa di settembre, con conseguenze preoccupanti sulla tenuta democratica. Perciò è urgente e necessario approfondire questa diagnosi e ricercarne le cause.

* * *

Sappiamo da sempre quali siano gli obiettivi politici della Lega: staccare le sorti del lombardo-veneto e possibilmente dell'intera Padania dal resto del Paese. Per un lungo periodo vagheggiarono una vera e propria secessione mantenendo semmai un innocuo legame confederativo con le altre zone del paese. Ma visto che la Padania in quanto tale era malvista come entità politico-territoriale da moltissimi dei suoi abitanti, ripiegarono sul federalismo, fiscale e istituzionale.

L'obiettivo era ed è quello di trattenere il reddito e la ricchezza nei luoghi dove si forma, concedendo blande forme di perequazione alle zone più deboli. E poiché l'alleanza politica con la Lega è sempre stato uno dei punti fermi di Berlusconi a partire dalla sua prima discesa in campo, così il federalismo fiscale e istituzionale diventò anche un obiettivo di Forza Italia ed ora del Partito della libertà, essendosi in buona parte spente le resistenze un tempo opposte da An in nome dell'unità nazionale.

Poiché un obiettivo così complesso come quello di trasformare uno Stato unitario e centralizzato in un'unione di regioni federate aveva bisogno di aggregare ampi e solidi consensi in tutto il Paese e poiché il federalismo in quanto tale quei consensi non era in grado di produrli, gli strumenti per ottenerli furono individuati nei due temi, strettamente connessi tra loro, della sicurezza e della lotta contro l'immigrazione.

Fu messa in campo tutta la potenza mediatica della quale Berlusconi dispone per montare al massimo la "paura percepita" dei reati e il loro collegamento con l'immigrazione. In particolare con quella clandestina, ma anche con quella regolarizzata che ammonta ormai a quasi 5 milioni di persone.

Questa strategia, che aveva già dato i primi risultati nella legislatura 2001-2006, fu ampiamente premiata durante la campagna elettorale del 2007 ed ha raggiunto ora il punto culmine di attuazione. La legge-quadro sul federalismo è stata votata (con l'astensione del centrosinistra) nello scorso maggio. Pochi giorni fa è stata approvata la legge sulla sicurezza. Alla ripresa di settembre verranno sul tavolo i problemi della delega e dei decreti delegati per la graduale attuazione del federalismo fiscale, nonché la riforma costituzionale che trasformerà il Senato in Assemblea delle autonomie con tutto il ricasco che una tale trasformazione avrà sull'organizzazione del governo, delle istituzioni di controllo a cominciare dal Parlamento, dalla Corte costituzionale e dall'Ordine giudiziario. Per finire con inevitabili modifiche sul ruolo del presidente della Repubblica.

Insomma, un sommovimento istituzionale di ampie dimensioni che ha come radice il federalismo fiscale e come obiettivo della Lega quello di "isolare" la parte ricca ed efficiente del paese dal contagio con la parte "povera, brutta e cattiva" che vive "oziosa e parassitaria" nel Centro e nel Sud.

Poiché questa strategia sta andando avanti ed è stata fin qui largamente premiata per l'asse Berlusconi-Bossi, sembrerebbe incongruo parlare di isteria, soprattutto per quanto riguarda la Lega. E invece no. La strategia nordista si trova infatti proprio ora ad una stretta e in uno stallo che forse i suoi fautori non avevano previsto e che rischia di frantumargli in mano il giocattolo che volevano costruire.

* * *

Voglio dire che, passando da una versione generica e ideologica ad una concreta, sono emerse alcune gravi difficoltà ed alcune profonde reazioni che stanno prendendo corpo e suscitando crescente inquietudine. Non si tratta soltanto della rabbiosa rivendicazione dei siciliani di Lombardo e di Micciché, che il premier è ancora in grado di tacitare con regalie personali e spostamento di risorse.

Si tratta dell'incognita del federalismo fiscale che è arrivata ormai al punto di svolta. Dopo la legge-quadro che è stata un puro elenco di intenzioni e di vaghi principi, si profila ora il passaggio dall'ideologia al merito, emergono le contraddizioni, la diversità degli interessi, la complessità dei parametri e soprattutto l'incognita del costo.

Nessuno è in grado di dire quanto costerà il federalismo fiscale, chi ne sopporterà l'onere maggiore, quali ne saranno i vantaggi per la comunità nazionale, per le zone più ricche come per quelle più povere, tenendo presente che ricchezza e povertà non sono divisibili soltanto tra il Nord e il Sud poiché aree ricche esistono anche nel Mezzogiorno (soprattutto quelle che coincidono con le organizzazioni criminali e con le clientele della zona grigia) così come sacche di povertà frastagliano anche il Nord.

Le cifre del federalismo fiscale non le conosce nessuno, neppure il ministro dell'Economia che pure dovrebbe esserne debitamente informato. Quelle cifre danno (a regime) un saldo attivo o un saldo passivo? Quanto tempo dovrà passare perché il sistema funzioni a pieno ritmo? E che cosa accadrà nel frattempo, quali scosse, quali tensioni si verificheranno e quali ceti sociali e quali territori avvertiranno quelle scosse con maggiore intensità?

Questo nodo di domande ha fatto dire a chi spinge avanti il progetto federalista che la qualità del budino si conoscerà dopo averlo mangiato. Lo stesso Tremonti ha usato l'immagine del budino.

Dal canto mio dico, parafrasando, che il federalismo fiscale è come l'araba fenice: che ci sia ciascuno lo dice, come sia nessuno lo sa. Potrà essere un salto di qualità oppure una trappola di sabbie mobili, una più solida democrazia oppure un brulicare di burocrazie, un diretto controllo dei cittadini o una delega in bianco a gruppi di potere locali. Infine un'accresciuta solidarietà oppure una secessione silenziosa e lo sfasciamento del paese.

Tutto si svolge alla cieca. Ecco perché perfino la Lega è impaurita ed ecco perché i tempi di realizzazione concreta del federalismo fiscale saranno inevitabilmente allungati.

Nel frattempo però il consenso popolare rischia di smottare e alcuni segnali già ci sono.

In vista di questo pericolo il terzetto di punta della Lega ha deciso di fare "ammuina": le ronde, le gabbie salariali, il ritiro delle missioni militari all'estero, la guerra delle bandiere regionali contro quella nazionale, sono pura e semplice "ammuina" per nascondere che l'incognita del federalismo fa paura perfino a coloro che lo hanno voluto e portato avanti fino ad un punto di non ritorno.

Domenica scorsa scrissi che questa situazione di disfacimento e di secessione silenziosa richiede il lancio di un allarme rosso che blocchi la deriva e metta in campo tutte le energie positive, latenti ma disperse, e le riporti in campo. Ripeto quel mio invito. E' il momento che queste energie potenziali entrino in scena, si manifestino, usino gli strumenti che ci sono per costruirne altri più appropriati ed efficaci.

Temo che non ci sia tempo da perdere. L'abbiamo detto tante volte in questi quindici anni ed anche prima. Purtroppo era sempre vero ma questa volta è più vero che mai.

* * *

Post Scriptum. Il ministro Brunetta (ma sì, quel simpaticone) ci ha scritto una lettera a proposito dello sfondamento della spesa ordinaria di 35 miliardi tra il 2008 e il 2009. Avevo scritto che uno sfondamento di tali dimensioni in una fase di crisi e dissesto dei nostri conti pubblici (anche se il ministro Tremonti continua pervicacemente a negare quest'evidenza da lui stesso documentata nell'ultimo Dpef) era incomprensibile. Quei miliardi di euro equivalgono ad un aumento del 4,9 per cento della spesa ordinaria. Vogliamo sapere a che cosa sono serviti. E' una curiosità morbosa? Tremonti dovrebbe rispondere ma ecco che in sua vece ha risposto Brunetta nella lettera da noi pubblicata.

So bene che con questo "post scriptum" espongo i lettori di "Repubblica" al rischio di un'altra lettera del Brunetta medesimo, ma le cifre da lui fornite chiedono risposta.

Dunque. Scrive il ministro della Funzione pubblica che tra il 2008 e il 2009 le spese della Pubblica amministrazione destinate al personale sono aumentate di circa quattro miliardi. Il ministro ne spiega la ragione e noi non vogliamo entrare nel merito. Spiega anche che la spesa per "Consumi intermedi" è a sua volta aumentata da un anno all'altro di 3850 milioni. Non dice il perché, debbo dedurne che si tratta di sprechi.

Altro Brunetta non dice. Il totale delle risorse da lui giustificate nel modo suddetto ammonta dunque a poco meno di otto miliardi. Lo sfondamento della spesa ordinaria è stato di 35 miliardi. La differenza per la quale attendiamo ancora notizie dal ministro dell'Economia o dal suo vice alla Funzione pubblica è quindi di 27 miliardi di euro. Volete per favore dire alla pubblica opinione come diavolo li avete spesi?

(9 agosto 2009)

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-08-17

Bossi, l'inno e i dialetti alla grigliata di Ferragosto

C'è tutto l'armamentario sfoderato dalla Lega in questo scorcio d'estate. Bossi ha da ridire sull'inno d'Italia e Calderoli tira fuori come un coniglio dal cilindro la proposta di legge leghista sul dialetto a scuola e chi se ne importa se non comincia per i, come prevedeva lo storico programma del centro-destra per l'istruzione. Inglese, impresa e informatica sono finite in soffitta, oggi quello che tira è l'attacco ai simboli dell'unità nazionale, con l'aggiunta del dialetto se può tornar utile allo scopo. Anche se Bossi precisa: "Per non parlare dei salari, delle gabbie salariali e della necessità di aumentare i salari sisono inventati che la Lega è contro l'inno italiano. Invecenoi siamo per aumentare i salari e chiediamo i salari su base territoriale legandoli al costo della vita".

Solo domenica scorsa, lo stesso Bossi aveva parlato di Mameli. "Quando cantiamo il nostro inno, il "Va pensiero", tutti lo cantano perchè tutti conoscono le parole, non come quello italiano che nessuno conosce", aveva detto il ministro delle Riforme Bossi parlando alla festa della Lega di Ponte di Legno. Secondo lui significa che la piazza tiene di più alla Lega, che a Mameli, "perchè la gente ne ha piene le storie". Dopo il Tricolore l'Inno, e pazienza se il "Va pensiero" è una popolare aria di Verdi, prima di essere adottata dalla Lega.

A dar man forte all'idea leghista di futuro si era aggiunto Calderoli, incredibilmente ministro anche lui - e della semplificazione per giunta. "L'anno scorso a Ferragosto ho portato la bozza del federalismo fiscale che in meno di un anno è diventata legge - ha detto -. Oggi Bossi ha in mano la bozza di legge sui dialetti e vi garantisco che non durerà tanto di più per diventare legge".

Pronta la bozza, poggiata sul piatto instabile della bilancia degli equilibri del governo. E subito scatta la reazione. "Il disegno di legge sui dialetti di cui parla il ministro Calderoli è ben diverso da quello sul federalismo, non facendo parte del programma di governo. Non c'è pertanto nessun vincolo di maggioranza e non ci sarà la nostra disponibilità a votarlo", taglia corto Italo Bocchino, vice capogruppo del Pdl alla Camera. E Gasparri si affretta a spiegare che l'Inno, almeno quello, è salvo. "Nessuno cambierà l'inno nazionale - rassicura -. Per quanto poi riguarda il "Va pensiero" di Verdi è un brano lirico denso di patriottismo. Bossi resterà forse deluso del fatto che era una della arie musicali che precedevano sulle piazze i comizi di Giorgio Almirante. Siamo cresciuti ascoltandolo". Insomma, prima di essere leghista il "va pensiero" era missino. Che Verdi se ne faccia una ragione.

Sul caso è intervenuto anche il ministro per i Beni culturari e coordinatore Pdl, Sandro Bondi: "Le ripetute dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti della Lega indeboliscono e offuscano - sottolinea - un serio programma di cambiamento economico, sociale e istituzionale che tutte le forze politiche dell'attuale maggioranza sono impegnate a sostenere".

16 agosto 2009

 

 

 

 

2009-08-15

Bossi, l'inno e i dialetti alla grigliata di Ferragosto

C'è tutto l'armamentario sfoderato dalla Lega in questo scorcio d'estate. Bossi ha da ridire sull'inno d'Italia e Calderoli tira fuori come un coniglio dal cilindro la proposta di legge leghista sul dialetto a scuola e chi se ne importa se non comincia per i, come prevedeva lo storico programma del centro-destra per l'istruzione. Inglese, impresa e informatica sono finite in soffitta, oggi quello che tira è l'attacco ai simboli dell'unità nazionale, con l'aggiunta del dialetto se può tornar utile allo scopo.

Ma andiamo con ordine. "Quando cantiamo il nostro inno, il "Va pensiero", tutti lo cantano perchè tutti conoscono le parole, non come quello italiano che nessuno conosce", ha detto il ministro delle Riforme Bossi parlando alla festa della Lega di Ponte di Legno. Secondo lui significa che la piazza tiene di più alla Lega, che a Mameli, "perchè la gente ne ha piene le storie". Dopo il Tricolore l'Inno, e pazienza se il "Va pensiero" è una popolare aria di Verdi, prima di essere adottata dalla Lega.

A dar man forte all'idea leghista di futuro ci ha pensato anche Calderoli, incredibilmente ministro anche lui - e della semplificazione per giunta. "L'anno scorso a Ferragosto ho portato la bozza del federalismo fiscale che in meno di un anno è diventata legge - ha detto -. Oggi Bossi ha in mano la bozza di legge sui dialetti e vi garantisco che non durerà tanto di più per diventare legge".

Pronta la bozza, poggiata sul piatto instabile della bilancia degli equilibri del governo. E subito scatta la reazione. "Il disegno di legge sui dialetti di cui parla il ministro Calderoli è ben diverso da quello sul federalismo, non facendo parte del programma di governo. Non c'è pertanto nessun vincolo di maggioranza e non ci sarà la nostra disponibilità a votarlo", taglia corto Italo Bocchino, vice capogruppo del Pdl alla Camera. E Gasparri si affretta a spiegare che l'Inno, almeno quello, è salvo. "Nessuno cambierà l'inno nazionale - rassicura -. Per quanto poi riguarda il "Va pensiero" di Verdi è un brano lirico denso di patriottismo. Bossi resterà forse deluso del fatto che era una della arie musicali che precedevano sulle piazze i comizi di Giorgio Almirante. Siamo cresciuti ascoltandolo". Insomma, prima di essere leghista il "va pensiero" era missino. Che Verdi se ne faccia una ragione.

Sul caso è intervenuto anche il ministro per i Beni culturari e coordinatore Pdl, Sandro Bondi: "Le ripetute dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti della Lega indeboliscono e offuscano - sottolinea - un serio programma di cambiamento economico, sociale e istituzionale che tutte le forze politiche dell'attuale maggioranza sono impegnate a sostenere".

16 agosto 2009

 

 

 

 

 

2009-08-15

Camilleri, il dialetto non esiste

di Federica Fantozzi

Andrea Camilleri, autore di romanzi polizieschi che hanno per protagonista il fascinoso commissario Montalbano di Vigata, ha al suo attivo una piccola grande vittoria. Ha patrocinato la rinascita del dialetto siciliano, sparso a piene mani tra le sue pagine e sbarcato così, un po' di soppiatto e talvolta controvoglia, nella testa dei lettori. Compresi quelli (tanti) del Lombardo Veneto.

Camilleri, la Lega rilancia il suo chiodo fisso: dialetto a scuola, nella toponomastica, nelle etichette alimentari, nei sottotitoli delle fiction tv...

"Il dialetto non è solo importante, è la linfa vitale della nostra lingua italiana. Ma in sé e per sé non ha senso, se non è dentro la lingua. Soprattutto l'insegnamento del dialetto a scuola è una proposta insensata. Vede, il rischio in Italia era la perdita del dialetto. Ma non si può andare all'opposto ed eleggere il dialetto a lingua".

Qual è il rischio che si corre? L'isolamento? La frammentazione?

"Il dialetto non esiste. Esistono, come diceva Pirandello, le parlate. In Sicilia ce ne sono tante quante sono le città, e il catanese è diverso dall'agrigentino che è diverso dal palermitano. Quando scrissi La mossa del cavallo mi feci aiutare da un genovese per tradurre il suo dialetto. Eppure i genovesi mi scrissero per precisare: è quello di una zona particolare di Genova".

Allora chi ha imparato un po' di siciliano, dal "pirtuso" al "picciriddro", sui suoi romanzi, cosa ha imparato in realtà?

"Una parlata che senza dubbio arricchisce il linguaggio e la comunicazione. Ma il mio, tra l'altro, è siciliano fasullo".

Insomma, non bisogna invertire la gerarchia dei fatti?

"È bene conservare e studiare i dialetti, ma una lingua va avanti perché riceve parole, immagini e suoni dalla periferia verso il centro. Altrimenti è l'italiano che muore. O diventa colonia, come già è per i termini inglesi o troppo tecnici che nessuno capisce".

Quella della Lega è una boutade, una regressione o un campanello d'allarme? "Per me è un campanello d'allarme. Non va presa come semplice boutade. Con Berlusconi prono, pronto a esaudire il 90% dei desideri di Bossi, questi da ridicoli diventano pericolosi. Nelle classi vogliono il ritorno a prima dell'epoca dei Comuni, una marcia indietro nei secoli? Benissimo. Ma è un'idiozia totale".

Quindi, è d'accordo con il professor Asor Rosa: senza la cornice della lingua nazionale i dialetti diventano folklore, un impoverimento e un ritorno al passato?

"Ma certo. È un errore gravissimo contrapporli".

Al di là delle invenzioni letterarie, funzionerebbe un mondo totalmente "localistico" dove ogni rione parla a modo suo? "Figuriamoci. E poi servirebbe il passaporto per passare da Prati a Trastevere. Ma via. Che questo dibattito nasca in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia lo trovo repellente. L'unità italiana ha mille difetti ma eliminarli tornando indietro è follia pura".

Zaia ribatte che l'artigiano napoletano che vende corallo in Thailandia non deve perdere la sua lingua materna né vergognarsene, e scuola e istituzioni hanno il dovere di aiutarlo.

"Mi sfuggono i termini del ragionamento. L'artigiano deve vendere i suoi prodotti in italiano altrimenti i clienti non lo capiscono. Il terreno comune d'intesa è l'italiano, come è la Costituzione. Nella Carta non c'è scritto che l'italiano è la lingua ufficiale perché è naturale, ovvio, elementare".

Cosa resta allora della sua Sicilia? E come si tramanda?

"I dialetti sono parlate familiari. Si conservano attraverso l'uso quotidiano. Ma non si possono in alcun modo imporre".

Zaia propone di usare per i prodotti alimentari locali, accanto all'appellativo in italiano anche quello originario. Così le pietanze che Adelina prepara per il commissario Montalbano potrebbero avere la doppia etichetta: "purpo" accanto a polpo, "pasta 'ncasciata" accanto a pasta al forno, "passuluna" per olive nere. Che ne pensa?

"Certo. Proporrei di etichettare i politici che fanno queste proposte. Luogo di provenienza, titolo di studio e denominazione locale".

15 agosto 2009

 

 

 

 

 

 

 

2009-08-14

"Ignoranza crassa della Lega"

di Natalia Lombardo

Quello che vorrebbe la Lega è un regresso a un passato che, però, in Italia non è mai esistito". Alberto Asor Rosa, professore emerito di Letteratura italiana a "La Sapienza" di Roma, critico e scrittore, sempre attivo nel dibattito della sinistra, ascrive la provocazione leghista sotto la voce: "Ignoranza crassa".

Ha visto? La Padania è uscita in dialetto veneto-veneziano. Che ne pensa?

"A Roma per decenni è uscito un foglio locale, il "Rugantino", in dialetto romanesco. A quest’altezza della storia sono fatti folklorici".

Il Vernacoliere però ha una grande tradizione dialettale e satirica.

"Il livornese del Vernacoliere è una lingua molto ricca e complessa, soprattutto autentica, a differenza di questi esperimenti lombardo-veneti che non stanno in piedi".

E che usano linguaggio molto semplificato. È un impoverimento culturale?

"I dialetti in Italia hanno avuto un peso e una rilevanza letteraria che non ha eguali in tutta l’Europa, nel teatro, nella poesia lirica, sono nomi notissimi. Queste opere si sono sempre integrate nel contesto culturale italiano, non hanno mai avuto una funzione antagonistica. Alessandro Manzoni, che ha teorizzato la "risciacquatura" della propria prosa in Arno per renderla uniforme e comprensibile a tutti gli italiani, in casa parlava in dialetto, ed era amicissimo di Carlo Porta, il più famoso poeta dialettale lombardo".

Il dialetto quindi non è mai stato usato in contrapposizione all’italiano?

"Era la ricca dialettica di un paese non unito, che si esprimeva tranquillamente a questi due diversi livelli, senza mai contrapporli. Ma senza la cornice della lingua nazionale il dialetto diventa un fatto folclorico, da osteria, da barzelletta paesana".

Ovvi problemi di comprensione isolerebbero le stesse popolazioni?

"Non è un avanzamento, è un regresso. Lo è rispetto alla più autentica tradizione italiana, che ha avuto la ricchezza di più lingue letterarie che spesso hanno attinto alle fonti del dialetto. Tutto ciò è avvenuto in un quadro che si sostiene reciprocamente in tutte le sue parti. Pensare invece che il solo parlare in dialetto costituisca un fatto identitario in Italia è un fenomeno di crassa ignoranza, di volgare abbrutimento".

In un momento in cui l’italiano si sta contaminando con parole straniere, voler recuperare le identità locali così è una forma di chiusura?

"È un ritorno ad un passato che in realtà non è mai esistito. Non è mai accaduto che il dialetto non fosse accompagnato dall’uso della lingua letteraria. In tutto il paese non esiste un’isola linguistica in cui si sia proclamata l’autosufficienza rispetto alla lingua italiana nazionale, che per molti secoli non è stata una lingua politico istituzionale, ma letteraria. È un tema a cui ho dedicato molte pagine nell’ultima "Storia": non c’era l’unità politica, ma c’era l’unità linguistico-letteraria nazionale. E per fortuna, altrimenti i lombardi sarebbero ancora sudditi dell’impero austroungarico, i veneti pure... Insomma, è una stupidaggine di portata colossale".

Dalla Lega è una provocazione politica, ma sul piano culturale può essere pericoloso?

"Ma non credo che ora a Treviso si mettano a chiacchierare in trevigiano, o a Bari in barese...".

Molti parlano in dialetto.

"Sì, ma il passaggio decisivo tra la comunicazione familiare e locale e la comunicazione universale si verifica solo se esiste l’italiano, altrimenti i trevigiani potrebbero essere respinti al rango delle popolazioni dell’Alto Volta. La Lega non si rende conto che i nigeriani che vengono in Italia imparano l’italiano, certo non il dialetto, per diventare cittadini europei. Questi invece suggerirebbero di fare il percorso diverso, così tra trent’anni potrebbero esserci quattro o cinque milioni di cittadini stranieri che parlano l’italiano, e altrettanti di italiani che parlano in dialetto. È assurdo".

I figli di immigrati imparano l’italiano a scuola, se così non fosse potrebbe esserci integrazione?

"C’è una letteratura crescente di immigrati di varia origine, albanesi, magrebini o slavi: scrivono tutti in italiano. La Lega invece vorrebbe che i trevigiani scrivessero in trevigiano? Tra l’altro con la molteplicità del mondo dialettale italiano, a Treviso si parla una lingua diversa che a Vicenza, e qui si parla una lingua diversa che a Padova. Allora, in quale di queste lingue scriverebbero la Padania? In un dialetto caricatura".

Come cambia l’italiano contaminato da altre culture?

"Se persone nate ed educate altrove, in altre situazioni, ritengono più utile esprimersi in una lingua diversa da quella loro originaria, be’, è un tipico fenomeno di integrazione e arricchimento. Per la nostra lingua e le nostre sensibilità nazionali, vuol dire che, in un certo senso, non siamo morti".

La Lega preme anche sulla tv pubblica, un altro terreno rischioso?

"Certo, l’unificazione linguistica in Italia l’ha fatta la televisione, più che la scuola. E la Lega vorrebbe spingerla indietro. Cosa fanno? una tv per ogni regione? Non basterebbe, solo in Toscana dovrebbe esserci un giornale in senese, uno in fiorentino, uno in pistoiese, e altrettante televisioni. Cascano le braccia"

14 agosto 2009

 

 

 

Luca Morino: "Usano il dialetto per alzare muri"

Luca Morino, cantante dei Mau Mau è un appassionato di dialetti. Nel 1991 il primo lavoro discografico si intitolava "Soma la macia", Siamo la macchia, in piemontese. Adesso insieme al suo "socio", Fabio Barovero, sta lavorando ad un progetto, per il comitato del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Si tratta di una sorta di atlante sui dialetti e la musica italiana.

Morino, ha letto la Padania? Tutta in dialetto piemontese. le piace l’idea?

"Il dialetto è una bestia difficile da gestire, anche per la Lega. È un po’ come la televisione, bisogna capire l’uso che se ne fa; una lingua non la puoi usare come bandiera in una crociata".

Zaia e Bossi vogliono il dialetto a scuola e nella toponomastica.

"Zaia è imbarazzante. Il fatto che si utilizzi un dialetto per portare avanti un’ideologia è una contraddizione. Introdurlo a scuola è praticamente impossibile. Ogni tanto mi diverto ad insegnare qualche termine a mio figlio, ma è il mio dialetto, perché basta uscire da Torino che la stessa parola si pronuncia in modo diverso, è essa stessa diversa. Allora, quale insegnano agli alunni piemontesi. quello di Cuneo, di Biella o di Torino? In realtà la loro proposta è una scatola vuota, ma pericolosa".

Pericolosa perché?

"Perché nel modo in cui lo intendono loro è un muro che si alza, mentre una lingua è il prodotto della storia culturale di un luogo e di una comunità con tutte le influenze e le mescolanze che si sono stratificate nel corso del tempo. Sa come si dice arancia in piemontese? Portugal e si pronuncia purtugal. In turco si dice portukala. Ecco cos’è il dialetto: un grande setaccio che nel tempo raccoglie tutto ciò che capita in un luogo. Da qui a volerlo trasferire in classe come materia di insegnamento ce ne corre. Già le immagino le discussioni su quale adottare, quale parola scegliere fra le tante che ce ne sono. Mi sembra piuttosto complicato dal momento che non esiste una codificazione grammaticale adeguata: il dialetto è una lingua parlata, che si muove, che non può essere irrigidita in una regola".

Non le sembra anche un ostacolo all’integrazione? Un bambino straniero alle prese con l’italiano e il dialetto.

"È una ulteriore complicazione. Siamo di fronte a una boutade politica diretta a chi ha paura del diverso senza capire che il diverso ce lo portiamo dentro, che è parte di noi".

14 agosto 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-08-10

 

"Ridurre i salari al sud", tutti contro il governo

Le cosiddette "gabbie salariali" proposte da Berlusconi e dalla Lega per vincolare gli stipendi al costo della vita (e ridurre di conseguenza quelli del sud) ottengono un coro di no. Sono tutti e tre i maggiori sindacati Cgil-Cisl-Uil a giudicare la proposta sbagliata e discriminatoria. Ma, inaspettatamente, anche dal raduno della nazionale di calcio campione del mondo arriva una stroncatura. Secondo l'allenatore Lippi e l'attaccante Quagliarella: "Non esistono cittadini di serie A e di B".

"Se la linea del Governo non è quella delle gabbie salariali, sarebbe opportuno che questo proposito fosse comunicato anche ai ministri della Lega". Lo dice il responsabile Lavoro del Pd Cesare Damiano. "Con Capezzone che ha affermato che l'intenzione del Governo è quella di un progressivo superamento del contratto nazionale di lavorò, dalla padella cadiamo nella brace" afferma. "È un'affermazione grave - rilancia l'ex ministro del Lavoro - che contraddice l'attuale modello basato su due livelli di contrattazione e che rappresenta un'invasione dell'autonomia negoziale delle parti sociali". "Sarebbe invece utile - spiega - che si affrontasse il vero problema: quello di un'Italia con salari troppo bassi". "La strada da seguire - prosegue Damiano - è quella di avviare a settembre un tavolo di concertazione Governo-Parti sociali per migliorare il potere d'acquisto delle retribuzione, attraverso una diminuzione della pressione fiscale, e di estendere il più possibile una contrattazione decentrata basata sulla produttività". "In questo modo - conclude - non solo si giustificherebbero le differenze retributive, ma si distribuirebbe al lavoro ricchezza realmente prodotta".

Anche la Cgil è "assolutamente, totalmente contraria, anzi contrarissima, all'ipotesi delle gabbie salariali". A dirlo è il segretario confederale, Morena Piccinini, che spiega: "Penalizzerebbero le zone più deboli del Paese, favorendo la disgregazione dell'unità del mondo del lavoro". La Cgil è preoccupata "non solo per l'idea in sè - aggiunge la Piccinini - ma anche perchè si continua a fare riferimento a strumenti contrattuali, ai quali la Cgil si è sempre detta contraria, che favoriscono la disgregazione dell'unità dei lavoratori".

10 agosto 2009

 

 

 

 

2009-08-09

Berlusconi: "Ridurre i salari ai lavoratori del sud"

Ancora una volta il premier si piega alle richieste della Lega. Sulle "gabbie salariali", dice Berlusconi "tutti condividono l'esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio. Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalita' economica e di giustizia".

Lo afferma il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un'intervista nella quale delinea un piano per il Sud attraverso un'agenzia da lui guidata. "Dobbiamo concepire l'intervento straordinario come un grande "New Deal rooseveltiano", come un "piano Marshall" per il Sud. Negli Stati Uniti - aggiunge il premier - gli squilibri territoriali furono rimossi nel periodo del new deal attraverso un'agenzia di livello federale, non dei singoli Stati: la Tennessee Valley Authority fu messa in piedi dal governo di Washington e non dal governatore del Tennessee. Anche nel nostro caso il ruolo di guida non puo' essere che del Premier.

09 agosto 2009

 

 

 

Obbiettivo del premier i forzieri delle Regioni

Silvio Berlusconi ne ha parlato quasi di sfuggita durante la scintillante conferenza stampa sui 14 mesi di governo. "Per il sud non farò una nuova Cassa del Mezzogiorno - ha detto - ma un istituto snello, che metta a punto un piano decennale". Sembra quasi l’annuncio di un ufficio studi sul meridione: roba grossa. In realtà è una polveriera, pronta a saltare in aria. Il premier lo sa: per questo è parco di parole e avaro di dettagli. In autunno, quando la sua leadership sarà messa alla prova dagli effetti della crisi economica, la "bomba Sud" è destinata ad esplodere.

elezioni in vista

Finora si sono viste solo scintille. Di qui all’anno prossimo, quando si andrà al voto regionale in quattro grandi regioni continentali del Mezzogiorno, sarà una Santabarbara. La "questione nazionale" (come hanno definito quella del mezzogiorno con raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè sul piede di guerra) non è tanto - o solo - lo sviluppo del Mezzogiorno, i fondi da erogare, il taglio di oltre 23 miliardi già perpetrato al Fas (fondo aree sottoutilizzate). Riguarda piuttosto le poltrone nella stanza dei bottoni: quelle delle giunte regionali. Sono loro, i governatori locali, a decidere la destinazione delle risorse. Per questo è importante andare alla conquista delle ultime roccaforti di centrosinistra nell’area: Calabria, Campania, Basilicata e Puglia. Tutte e quattro alle urne.

CABINA DI REGIA

Sul Mezzogiorno l’idea del governo per ora è quella di costituire una sorta di cabina di regia in cui individuare le priorità su cui investire. Oggi - argomentano in ambienti governativi - le risorse sono disperse in una miriade di micro-progetti. Meglio selezionare quelli più strategici e realizzarli in fretta. A raccontarla così, sembra un passo quasi scontato. In realtà questa "entità" - che per ora resta "misteriosa" (ammette una fonte vicina all’esecutivo) - disseminerebbe più mine di un esercito in fuga. A cominciare dalla sua composizione. È chiaro che una cabina di regia sul sud significa che il governo centrale vuole dire la sua su decisioni finora prese localmente. E qui si aprono già due fronti in contemporanea. Uno con i governatori, l’altro tra i membri del governo. Sicuramente ci sarà Giulio Tremonti. Ma allora vorrà esserci anche Claudio Scajola, e magari Altero Matteoli, e perché non Raffaele Fitto? E i "nordisti" Roberto Calderoli e Umberto Bossi dove li mettiamo? Insomma, il governo in carica vorrà starci tutto, da Berlusconi fino all’ultima (in ordine di tempo) ministra, Michela Brambilla (che oltre tutto è titolare del turismo, vocazione innegabile dell’area). E non solo. pretenderà di essere della partita anche il sottosegretario Gianfranco Miccichè. Così torneranno a concretizzarsi i fantasmi del partito del Sud.

I GOVERNATORI

La partita con i governatori non è affatto più facile. Sono loro che oggi hanno la titolarità di spesa dei fondi europei, e sicuramente non accetteranno facilmente invasioni di campo di Roma. Chiaro che la sede naturale del confronto è la conferenza Stato-Regioni. Peccato però che proprio in quell’organismo ci sia ormai un confronto all’arma bianca. Rottura totale, per i fondi Fas taglieggiati dalle varie manovre del governo, e per i fondi alla Sanità. L’ultimo incontro è stato il più duro che si ricordi. Pare che Giulio Tremonti abbia invitato i governatori non in regola a rifinanziare la sanità proprio con i fondi Fas. Ovvero, spesa corrente finanziata con fondi in conto capitale destinata allo sviluppo. Fondi che, detto tra parentesi, sono già stati dirottati altrove. Vasco Errani, a nome di tutti i governatori, non ha nascosto al sua irritazione. Come si ricomincerà? L’appuntamento è per il 4 settembre. Da dove si ripartirà? "Mah, secondo me si sono portati a casa i compiti per le vacanze", commenta la fonte.

09 agosto 2009

 

 

 

 

Casini (Udc): "Ormai nel governo comanda la Lega"

"È stata concessa alla Lega la golden share di questa maggioranza e oggi tutto ruota intorno all'iniziativa leghista, dalla ronde ai dialetti alle bandiere regionali. La politica si muove in senso nordista: non c'è mai stato un trasferimento di risorse così forte dal sud verso la parte ricca del Paese, com'è successo nell'ultimo anno". Lo dice il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, in una intervista al 'Nuovo Quotidiano di Puglià. "In realtà - sottolinea Casini - noi siamo stati soli quando abbiamo denunciato in Parlamento questo processo di spezzettamento dell'unità nazionale, di arretramento complessivo delle condizioni sociali del Paese". Il leader centrista sottolinea che "probabilmente siamo alla vigilia dell'esplosione di una questione sociale: il sud contro il nord, i disoccupati contro gli occupati, le famiglie del ceto medio in crescente affanno. Davvero non si capisce da dove nasca il trionfalismo di Berlusconi". "C'è bisogno - conclude Casini - di un processo di modernizzazione del Paese che passa attraverso riforme fondamentali. Non solo la riqualificazione della spesa pubblica, ma anche la liberalizzazione dei servizi pubblici locali e una riforma delle pensioni che abbia efficacia nel tempo. Si è parlato di federalismo, ma quando vedo che il governo commissaria le sanità regionali dando l'incarico di correggere i conti agli stessi governatori, che sono in gran parte i responsabili del dissesto, allora non torna niente, nè i numeri nè la logica. Anche sulla politica di sicurezza servono meno spot e più fatti. Più poliziotti, più carabinieri e più soldi alle forze dell'ordine e meno sciocchezze tipo le ronde che serviranno solo ad acuire i problemi non a risolverli".

09 agosto 2009

 

 

 

LA STAMPA

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Bonanni boccia le gabbie salariali:

"Sarebbe come ritornare all'Urss"

Raffaele Bonnani (Cisl a sinistra) e Guglielmo Angeletti (Uil)

Anche Angeletti (Uil) in disaccordo:

questo progetto è una stupidaggine.

Polverini (Ugl): "Non premiano la

produttività, indebolirebbero il Sud"

ROMA

Se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge "sarebbe un ritorno all’Unione Sovietica, scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha commentato la proposta di gabbie salariali per differenziare gli stipendi tra Nord e Sud. In un'intervista a "Ilsussidiario.net" Bonnanni sottolinea che la creazione di una Banca del sud che veda protagonisti i piccoli istituti di credito è positiva perchè, dice, "le grandi banche hanno sfasciato il sistema creditizio meridionale e, a proposito di gabbie salariali, fanno costare il credito addirittura più che al Nord. Invece, le piccole banche, cooperative e popolari, si stanno comportando responsabilmente. Non soltanto per lo spirito che le ha fondate, ma anche perché sono dentro la comunità".

A proposito dei fondi per il Sud Bonanni spiega: "Il "laccio" principale è la commistione tra gestione e decisione. Io propongo dei commissariamenti. Il commissario riassume i poteri e punta dritto al progetto predefinito. Ciò significa semplificazione, efficacia e trasparenza. Affidandosi a un singolo tecnico si ottengono due risultati: si porta a termine il progetto e si ripristina il buon senso. Quanto poi all’autunno caldo annunciato dal segretario della Cgil, Bonanni propone invece "una mobilitazione comune" con cui - spiega - "torneremo a distinguere quali sono le realtà positive. Una mobilitazione non contro chicchessia, ma contro alcuni mali riconosciuti: i ritardi, le infiltrazioni criminali, i conformismi. Tutto ciò che ha bloccato l’Italia in tutti questi anni e che la crisi non fa altro che evidenziare. Sicuramente sceglieremo alcuni luoghi simbolici, come Siracusa, Civitavecchia, Porto Tolle". E per il prossimo autonno chiede invece "più soldi per gli ammortizzatori sociali in modo da far sapere a tutti che l’anno prossimo avranno un reddito, incentivare le imprese a reinvestire e aiutare chi non licenzia, aspettando la ripresa".

Angeletti (Uil): "Sono una stupidaggine"

"Il ritorno alle gabbie salariali è una stupidaggine". Il dibattito su questo argomento "appena passerà il mese di agosto verrà accantonato e a settembre non ne parleremo più". Ne è certo il segretario della Uil, Luigi Angeletti, che sottolinea l’impossibilità di ritornare alle gabbie prima di tutto a causa delle "difficoltà tecniche" legate alla definizione dei differenziali retributivi a seconda delle aree geografiche. "Infatti nessuno riesce neanche a spiegare come concretamente dovrebbero essere". Anche Roberto Calderoli, precisa Angeletti, "ha subito precisato che non voleva riproporre le gabbie ma la questione salari che tenessero conto dei costi vita, che è cosa molto più difficile da definire. La vera differenza non è tra nord e sud ma tra le grandi città e i piccoli centri".

Il segretario spiega quindi che "neanche le associazioni delle imprese sono favorevoli al ritorno al passato e forse ci sarà una ragione. La ragione -prosegue- è molto semplice: i salari sono il compenso per il lavoro che si fa non per dove o si fa". Angeletti ricorda quindi la sottoscrizione del governo, come datore di lavoro, del nuovo modello contrattuale "che è molto più flessibile e farà aumentare i salari in proporzione alla produttività. Dovrebbe impegnarsi a sostenere questo modello visto che lo ha sottoscritto per il pubblico impiego, e sono fiducioso che sarà così". Questa discussione "non approderà mai a nessuna conclusione. È la proposta in se che non funziona, non vedo come possa essere conretamente realizzata". Per queste ragioni Angeletti non afferma di non prendere neanche in considerazione l’ipotesi: "È così complicata che è impossibile da realizzare".

Polverini: "Non premiano produttività"

"Le gabbie salariali sono un errore, servirebbero solo a penalizzare ulteriormente il Sud". Lo afferma il segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, in merito alla differenziazione salariale in base al territorio rilanciata dal presidente del Consiglio. Per il numero uno dell’Ugl "la differenziazione salariale vanificherebbe l’obiettivo, inseguito per tanto tempo, e raggiunto con grande fatica con la riforma contrattuale, di premiare i livelli di produttività, riforma che il governo dovrebbe sostenere anche con politiche fiscali di incentivo". "Il Mezzogiorno - aggiunge Polverini - è un problema importante e urgente non da oggi, coinvolge tutto il Paese e va affrontato con serietà. Il Governo si confronti con le Regioni e il sindacato per definire un piano di interventi che agisca sulle infrastrutture, sull’energia e la tecnologia per aiutare i territori del Meridione a colmare gap antichi". Il segretario Ugl ricorda come "crescere un figlio nel Mezzogiorno costi molto di più che al Nord, così come mantenere un’automobile o sostenere i costi delle utenze domestiche". Non bisogna, dunque, "commettere l’errore di ghettizzare il Mezzogiorno", mentre è necessario "avere il coraggio di tornare a investire, fuori da logiche clientelari assistenziali, ripristinando la legalità come infrastruttura primaria, aiutando le imprese a restare nelle Regioni del Sud".

 

 

LA GAZZETTA del MEZZOGIORNO

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La Lega vuole le gabbie salariali

La Sicilia alla Puglia: organizziamoci

PALERMO – "La sola definizione di gabbie fa schifo. Consiglierei a Bossi di usare un vocabolario meno spregevole. La Lega sta rimarcando il suo peso nel governo e Berlusconi si appiattisce sulla linea di Pontida. Vedrà che nessuno fiaterà". Boccia senza appello le gabbie salariali il presidente della Regione siciliana e fondatore del Mpa Raffaele Lombardo, per il quale, dice al quotidiano "La Sicilia", prima di parlare di differenze di salario, "sarebbe bene parlare di parità di occupazione. In dieci anni se ne sono andati 700 mila lavoratori dal Sud al Nord, se abbassano anche i salari se ne andranno al Nord dieci volte di più". Si parla tanto di Fas, ma quelli, sottolinea il governatore, "erano soldi nostri che sono stati saccheggiati per agevolare il Nord".

E poi la cabina di regia a Palazzo Chigi o la Banca del Sud: "Mi preoccupano perchè non vorrei che dietro ci sia il malcelato intento di una gestione centralista delle risorse". I rigassificatori si faranno, "ma sono investimenti privati", riprende Lombardo, che nota: "Non è che a Milano sarebbero tanto felici di averli. Diciamo che da questo punto di vista siamo stati destinati a ospitare un poco di schifezze".

Elementi che per Lombardo, fanno capire "quanto sia indispensabile il Partito del Sud. I partiti nazionali ci danno fregature ad alternanza. E il discorso lo riprenderemo - annuncia – a metà settembre perchè le regioni meridionali non possono accettare supinamente questa politica antimeridionalista del governo. Ci dobbiamo preparare bene all’appuntamento con le elezioni regionali del prossimo anno e voglio vedere cosa faranno Campania, Puglia e Calabria di fronte all’offensiva leghista".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-08-17

Polemica sull'inno. Bossi

ci ripensa: "Si parli di salari"

commenti - 23 |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci

17 agosto 2009

SONDAGGIO

Fratelli d'Italia o Va Pensiero?

Il testo dell'inno di Mameli

Il testo del Va, Pensiero

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Dialetto, bandiera e inno nazionale non si toccano e, soprattutto, non sono temi all'ordine del giorno dell'agenda di governo. È la replica che quasi all'unisono, anche da punti di vista politicamente diversi, gli esponenti del Pdl e del Pd rispediscono al mittente: la Lega Nord. Ma il leader della Lega Nord e ministro per le Riforme precisa e rilancia, intervistato da Sky TG24. "Per non parlare dei salari, delle gabbie salariali e della necessità di aumentare i salari - spiega Bossi - si sono inventati che la Lega è contro l'inno italiano. Invece noi siamo per aumentare i salari e chiediamo i salari su base territoriale legandoli al costo della vita". Per poi aggiungere "I giornali d'estate non vendono per questo fanno qualche forzatura. Ho detto che ero commosso per il fatto che i padani conoscessero benissimo l'inno della Padania Va pensiero. Da lì uno può fare della dietrologia: se cantano Va pensiero sono contro 'Fratelli d'Italia' ma non è così". Il ministro dell'Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, sostiene che "non sarebbe agosto se la Lega non ci desse qualche opinione forte". E suggerisce: "Non facciamone un dramma" perché importante "è il programma". Per il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, "le attività di propaganda della Lega vengono sopravvalutate". A sottolineare che i temi lanciati dalla Lega non sono nell'agenda di governo e della maggioranza è lo stesso presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto. "Il dialetto, la bandiera e l'inno d'Italia - spiega - non possono essere messi all'ordine del giorno". Nella maggioranza, c'è anche chi, come il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli, fornisce una sua chiave di lettura. "La Lega Nord - dice - intravede i confini della sua espansione politica e questa circostanza crea nervosismo". Ma la 'bocciatura' alle proposte del Carroccio viene anche dall'opposizione. "Lega e Bossi sono e resteranno gli azionisti di maggioranza del Governo Berlusconi" dice Giorgio Merlo, Partito democratico, vicepresidente Commissione Vigilanza Rai, per cui "compito del Pd oggi e di tutta l'opposizione, non è quello di inseguire banalmente la Lega, dove saremmo sempre perdenti, ma di costruire un'alternativa politica e culturale ad una destra populista e demagogica". Per il portavoce nazionale dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando, "pur di avere scampoli di visibilità estiva e nel tentativo di far dimenticare la sua imbarazzante e imbarazzata presenza nel governo Berlusconi che sta distruggendo tensione etica, occupazione e sviluppo la Lega distrae gli italiani organizzando il Festival di Ponte di legno ".

17 agosto 2009

 

 

 

 

 

2009-08-16

Bossi: "Lo stato regali terreni ai giovani".

La proposta dopo la polemica sull'inno

16 agosto 2009

"Dai nostri archivi"

Bossi: "Sulle gabbie salariali serve un incontro sindacati-governo"

La Lega: "L'esame di dialetto per i professori è una bufala"

Scuola, la Lega spacca il Governo sul test di dialetto per prof

Le dichiarazioni dalla festa della Lega a Ponte di Legno con il nuovo affondo su un simbolo patriottico - l'inno di Mameli - e il disegno di legge sui dialetti avevano scatenato le proteste di Pdl e opposizione.

In un'intervista a SkyTg24, poi, il leader della Lega Nord Umberto Bossi ha proposto che lo Stato regali terreni ai giovani per renderli produttivi e dare un lavoro alle giovani generazioni. Una proposta che è già stata illustrata al ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ma non è ancora una bozza concreta. "In agricoltura mancano i giovani, sono tutti vecchi. I giovani qualche lavoro dovranno trovarlo. Se ci sono terreni agricoli che costano allo stato ma non rendono - ha detto Bossi - allora è meglio darli ai giovani, che non li facciano costare e li facciano rendere". Si tratta, ha proseguito Bossi ai microfoni di Sky, di "roba che era locale e poi lo Stato l'ha portata via, a volte ha sequestrato anche i beni della Chiesa. Sono lì, costano, se c'è il mezzo di non farli costare e c'è la possibilità di dare un futuro ai giovani, di investire, perché non farlo".

La polemica sull'inno nazionale. "Quando cantiamo il nostro inno, il "Va' pensiero", tutti lo cantano perché tutti conoscono le parole, non come quello italiano che nessuno conosce". Secondo Bossi, il fatto che più gente conosca le parole del "Va pensiero" significa un maggiore attaccamento alla Lega "perchè la gente ne ha piene le storie".

Il ministro ha quindi lanciato un attacco al "sistema romano", cogliendo il pretesto della visione di un trailer sul film "Barbarossa" che sarà proiettato in anteprima il 2 ottobre al Castello Sforzesco, a Milano: "Il nuovo potere e il Barbarossa oggi abitano a Roma e con questo film vogliamo lanciare un messaggio a Roma ladrona: non esagerare".

La proposta di legge sui dialetti. Bossi ha anche presentato ai partecipanti alla festa la bozza della proposta di legge sui dialetti: "Sapete tutti cos'è questo - ha detto Bossi dal palco, mostrando alcuni fogli - è il testo della legge sul dialetto, cioè il nostro dialetto nelle nostre scuole. È ora di finirla di cancellare tutte le nostre cose, la nostra storia".

La bozza di legge sul dialetto è pronta e verrà approvata presto, ha affermato il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, che ha consegnato ieri a Bossi il testo di legge. Il testo all'esame di Bossi prevede l'obbligatorietà dell'insegnamento a partire dalle scuole primarie. Calderoli fa notare che già nel 2006 la Lega aveva presentato una proposta di legge costituzionale per tutela della lingue locali, dei dialetti e della lingua italiana. "La lingua di oggi - ha osservato - non è la lingua italiana, ma il dialetto romanesco che ci porta la Rai".

"Le gabbie salariali sono applicazione del federalismo". Tra i temi trattati a Ponte di Legno non è mancato uno dei più caldi del momento, le gabbie salariali. Chi non vuole i salari territorializzati è contro il federalismo, è stata in sintesi la posizione espressa del leader leghista: "Fanno difficoltà perché i loro contratti appartengono a un'altra epoca – ha detto Bossi -. Noi siamo nell'epoca del federalismo e chi non vuole i salari territorializzati è uno che non vuole l'applicazione del federalismo". E ha quindi aggiunto: "I padani sono 20-30 milioni di persone, siamo brava gente, ma non ci rompete i coglioni".

Le reazioni dal Pdl e dall'opposizione. Le "ripetute dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti della Lega ma non solo", "indeboliscono e offuscano un serio programma di cambiamento economico, sociale e istituzionale che tutte le forze politiche dell'attuale maggioranza sono impegnate a sostenere". È quanto afferma il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi, riferendosi alle parole di Umberto Bossi."Bossi è fuori dalla realtà - dice Lorenzo Cesa, segretario Udc - Parla di dialetti e dell'inno nazionale come se queste questioni riguardassero gli italiani che rischiano di perdere il lavoro alla ripresa di settembre o le famiglie che attendono le promesse sbandierate sul quoziente familiare".

"Nessuno cambierà l'inno nazionale", dice il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. "Per quanto poi riguarda il 'Và pensierò di Verdi - aggiunge - è un brano lirico denso di patriottismo. Bossi resterà forse deluso del fatto che era una della arie musicali che precedevano sulle piazze i comizi di Giorgio Almirante. Siamo cresciuti ascoltandolo quando la Lega non esisteva ancora. Verdi poi è stato uno dei riferimenti culturali del Risorgimento. Nessun musicista richiama l'unità nazionale più di lui".

Dure critiche arrivano anche dall'opposizione. "Dopo le nuove dichiarazioni di Umberto Bossi sul dialetto a scuola – ha dichiarato il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della commissione Affari Europei - ci chiediamo se ad essere arrivato al capolinea non sia il governo o la stessa Lega Nord. È oramai da giorni che il Carroccio conduce un'offensiva sospetta. Immigrazione, Rai, dialetto sono solo una scusa. Il Carroccio si sta riposizionando in vista di settembre, per tenere ancor meglio sotto scacco il governo". "A questo punto – ha concluso Di Giovan Paolo - c'è da chiedersi: dopo l'estate ci sará ancora l'esecutivo del Pdl? Comunque -conclude Di Giovan Paolo- non c'è da preoccuparsi: anche Berlusconi passerá e noi cancelleremo tutte le leggi fatte dalla destra".

"È la Lega che oggi comanda", ha detto il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario, nel commentare le dichiarazione di Umberto Bossi. "La Roma ladrona che Bossi richiama alle sue feste di piazza ogni estate -ricorda Belisario- è rappresentata dalla maggioranza di governo di cui il Carroccio è parte sostanziale, visto che il suo potere di ricatto sull'esecutivo è totale".

16 agosto 2009

 

 

 

 

 

2009-08-14

Bossi: "Sulle gabbie salariali

serve un incontro sindacati-governo"

14 agosto 2009

"Dai nostri archivi"

Chi ha paura della Lega di lotta e di governo

Dalle gabbie salariali all'immigrazione, la tela di Fini contro la Lega

Dell'Utri: "Sì, un effetto-Noemi c'è stato"

ANALISI / La tela leghista abbraccia mezza Italia

Bossi: "Alla gente importa poco delle elezioni europee"

Il leader della Lega Umberto Bossi torna a insistere sulla nuova battaglia della Lega lanciata nelle scorse settimane, quella per le cosiddette gabbie salariali. "Questa estate voglio sostenere le gabbie, anzi i salari territorializzati", dice, conversando con i giornalisti a Ponte di Legno, dove è giunto giovedì in tarda serata assieme alla famiglia. E ripete il concetto già espresso nei giorni scorsi: "I lavoratori devono arrivare a fine mese, in particolare al Nord,dove la vita costa di più".

 

Il nuovo assetto salariale sarà, nella visione di Bossi, frutto della contrattazione: "Ci saranno i sindacati, che verranno a parlare del governo. Sono convinto di incontrare i sindacati prima della fine dell'estate per parlarne". Alla domanda se dell'argomento si è già parlato nell'Esecutivo replica: "È una mia pallida opinione, ma a volte anche le pallide opinioni sbocciano". Bossi ha rilanciato anche l'idea di introdurre lo studio del dialetto a scuola e ha annunciato che inizierà a scrivere la legge. "Secondo me - ha spiegato - lo studio del dialetto deve essere obbligatorio". Alla domanda se ha avuto sull'argomento un confronto con il ministro Gelmini, Bossi ha replicato: "Con lei non ho parlato, se vuole in questi giorni può venire qui a Ponte di Legno a parlare". Bossi ha quindi spiegato che, a suo avviso, il dialetto dovrebbe essere insegnato attraverso la musica e lo studio delle canzoni popolari per renderlo piacevole: "Me lo ha spiegato anche mia moglie, che insegna, e di queste cose se ne intende". Quindi, ha ricordato quando andava a scuola lui: "Un professore chiamò i miei genitori e disse che nei temi introducevo delle forme dialettali e invitò mio padre e mia madre a evitare di parlare in dialetto. Mio padre gli rispose che se non gli piaceva il nostro dialetto poteva fare la valigia e andarsene".

Sulla presidenza delle regione Lombardia "fino all'ultimo non diamo nessun ok alla candidatura di Formigoni. È un amico, si è comportato bene, però la partita è aperta". Bossi lascia dunque la porta spalancata per la possibilità di una futura guida leghista della regione Lombardia e promette che alle prossime elezioni regionali lombarde del 2010 la Lega "certamente farà la sua parte, però a me non interessa litigare con Formigoni, mi interessa fare degli accordi. Ci interessa che le nostre idee vadano a bersaglio"

14 agosto 2009

 

 

 

 

 

2009-08-10

Sulle gabbie salariali "no"

da sindacati e Confindustria

10 agosto 2009

Berlusconi favorevole a retribuzioni differenziate territoriali

SCHEDA / Cosa sono le "gabbie salariali"

"Dai nostri archivi"

Confindustria: "Massima vigilanza sul rischio usura"

La Confindustria inglese propone la "sospensione dei dipendenti"

Napolitano: "Sostenere imprese e famiglie contro la crisi"

Pmi: crescita tappa obbligata

Pmi: crescita tappa obbligata

Secco no dei sindacati all'idea di reintrodurre le cosiddette "gabbie salariali" nel nostro paese.

La misura, introdotta in Italia con l'accordo interconfederale del 6 dicembre 1945 dalla Cgil unitaria e da Confindustria e abolita nel 1969, è ormai una "storia chiusa" per imprenditori e rappresentanti dei lavoratori che ribadiscono il proprio "no" ad un ritorno al passato.

"No alle gabbie salariali se queste sono intese come una discriminazione nei confronti del Sud d'Italia. Sì ad una contrattazione che tenga presente la produttività e la vicinanza al territorio dello stipendio delle persone". È questa la posizione del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, sull'ipotesi, rilanciata dal presidente del Consiglio, di reintrodurre le gabbie salariali. Nel corso di un'intervista al Tg La7, il ministro ha sottolineato che "la valutazione non è quella di accondiscendere alla terminologia 'gabbie salarialì: il presidente del Consiglio sostiene la tesi che la contrattazione si sposti dal livello centrale a quello territoriale. Dobbiamo avvicinare la contrattazione - ha concluso Scajola - al territorio, alla specificità aziendale e anche alla

produttività del territorio"

Per il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni "se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge sarebbe un ritorno all'Unione Sovietica, scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale". Quindi - per Bonanni - quella delle gabbie "non è una proposta seria".

Dello stesso avviso anche il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, secondo cui "il costo della vita al Sud è più basso rispetto che al Nord, ma pensare che le diseguaglianze si risolvano tagliando le buste paga di chi vive nelle regioni meridionali è pura demagogia". Secondo Epifani "le differenze di stipendio, o gabbie salariali, ci sono già: fra Nord e Sud, ma non solo. Aumentare i divari sarebbe un fatto "inaccettabile" che renderebbe ancora più dura la capacità di tenuta delle famiglie davanti alla crisi, di cui il sindacato non vede affatto la fine.

Schietto il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti per il quale "il ritorno alle gabbie salariali è una stupidaggine". Secondo il leader della Uil, infatti, tale ipotesi sarà presto accantonata perché - dice - "il dibattito su questo argomento appena passerà il mese di agosto verrà accantonato e a settembre non ne parleremo più".

Anche la Confindustria per bocca del direttore generale della confederazione Giampaolo Galli non usa giri di parole per affermare che gli industriali sono "contrari a una norma che impone un differenziale salariale tra diverse aree del Paese". Per Galli, infatti, "se parliamo di una legge o di una norma che definisca rigidamente differenziali per macroaree salariali, per Confindustria è una storia chiusa. Bisogna invece lavorare su differenziali retributivi tra singole aziende in funzione di obiettivi di produttività". Anche il presidente di Confindustria per la Sicilia Ivan Lo Bello interviene sul dibattito in corso affermando di "non credere a rigide gabbie salariali". "Finirebbero per ingessare - spiega - le dinamiche di mercato: penso piuttosto che vada valorizzato il nuovo modello contrattuale che dà un ruolo rilevante alla contrattazione aziendale, che meglio di ogni altro sistema, con la necessaria flessibilità, può fotografare le differenze tra Nord e Sud del paese e favorire un progressivo processo di convergenza economica". Riferendosi alle iniziative per favorire uno sviluppo del Mezzogiorno, il presidente di Confindustria Sicilia sollecita invece "un piano pluriennale di investimenti in infrastrutture materiali ed immateriali, una radicale riforma della pubblica amministrazione ed un'azione di forte contrasto alla criminalità organizzata, che è già in atto". A ciò - prosegue Lo Bello - deve aggiungersi da un lato un processo di autoriforma della classe dirigente meridionale (ed alcuni esempi cominciano ad essere visibili), dall'altro una serie di stringenti vincoli esterni (come avviene in parte nel settore della sanità) che migliorino la qualità e l'efficacia della spesa pubblica".

10 agosto 2009

 

 

 

 

2009-08-09

Da Berlusconi "sì" alle gabbie salariali.

Pd e Idv: non è una soluzione

9 agosto 2009

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ap / LaPresse)

"Quanto alle gabbie salariali, tutti condividono l'esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio. Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalità economica e di giustizia". Anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi apre sulla questione delle gabbie salariali. In un'intervista a "Il Mattino", quotidiano di Napoli, prende infatti posizione su uno dei cavalli di battaglia dell'estate leghista. Con il Carroccio è tornata infatti – con particolare enfasti quest'estate - alla ribalta la questione della differenziazione territoriale delle retribuzioni, esistente in Italia prima della sua abolizione nel 1969.

E dalla Lega i commenti positivi non tardano. Il vice presidente del Veneto Franco Manzato, afferma: "L'idea di rapportare le buste paga al costo della vita sul territorio è una questione di mero buonsenso. Il premier ha dimostrato di conoscere le esigenze dei lavoratori e delle aziende del Nord e del Sud. Proposta quella delle gabbie salariali che però vede una decisa opposizione della minoranza. Secondo Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei Valori, "La qualità della vita non dipende solo dal suo costo, riferito ai generi di prima necessità, ma da un'adeguata rete di servizi e infrastrutture, di cui il Sud è carente. Per questo – aggiunge -, continuiamo a ripetere un secco no alla proposta di gabbie salariali". E anche dal partito democratico l'europarlamentare e coordinatore della mozione Bersani al congresso del Pd, Gianni Pittella "Gabbie salariali per affondare ancora di più il reddito pro-capite dei meridionali". E critica anche l'altra idea del premier di istituire un'agenzia per il Sud: "Inutile per il meridione senza soldi né idee presieduta ovviamente dallo stesso premier".

In realtà sulla questione delle gabbie salariali lo stesso ministro per la semplificazione Roberto Calderoli, ha precisato il senso del suo intervento, in un'intervista al "Giornale", dopo aver spiegato di non averle mai evocate, il ministro ha riconosciuto che la contrattazione nazionale sul minimo salariale deve essere uguale per tutti, mentre nella contrattazione decentrata si dovrà tenere conto del costo reale della vita e del potere d'acquisto.

9 agosto 2009

 

 

 

 

Gabbie salariali: create nel 1954, abolite nel 1969

9 agosto 2009

La differenziazione territoriale dei salari è stato attivo in Italia nel periodo che va dal 1954 al 1969 quando è stato abolito per la ferma opposizione del sindacato. Le 'tabelle salarialì sono differenziali retributivi per macro aree geografiche contemplati dagli accordi interconfederali dei primi decenni del dopoguerra e applicati in Italia fino agli anni Sessanta. In base a questo meccanismo, i livelli salariali erano minori al Sud rispetto al Nord, rispecchiando così il diverso livello del costo della vita.

Un'Italia in 14 aree

Le gabbie previste dall'accordo sul conglobamento retributivo del 1954, per riordinare la struttura dei salari, vedevano l'Italia divisa in 14 zone. Nel 1961 poi le zone erano state dimezzate e viene prevista una diminuzione dello scarto tra la prima e l'ultima dal 29 al 20 per cento.

L'abolizione nel 1969

Le gabbie vengono definitivamente abolite nel 1969, dopo anni di lotte operaie, durante le quali Cgil, Cisl e Uil avevano lanciato una vertenza nazionale sostenuta da scioperi e manifestazioni: il 21 dicembre 1968 fu l'Intersind (l'associazione padronale che rappresentava le aziende a partecipazione statale) ad accettare l'eliminazione delle gabbie, sia pure in modo graduale entro il 1971; poi anche Confindustria accettò l'eliminazione delle gabbie.

Il ritorno della lega

Negli ultimi anni è stata soprattutto la Lega Nord a tornare sul tema delle gabbie salariali. L'attuale ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, in particolare, aveva già avanzato la proposta nel 2004. Quest'anno è stato il leader del Carroccio Umberto Bossi a rispolverare il tema, sollevando numerose critiche anche all'interno della maggioranza. Ora però anche il premier Silvio Berlusconi, ha aperto alla prospettiva di un ritorno della differenziazione territoriale dei salari

9 agosto 2009

 

 

 

 

IL GIORNALE

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10 agosto 2009

Stipendi, Bankitalia: divario Nord-Sud Niet dei sindacati sulle gabbie salariali

 

 

Roma - Tra Nord e Sud nelle retribuzioni lorde per il 2008 c’è già stato un divario tra il 15 e il 16% circa nei settori delle imprese industriali e dei servizi. E' quanto emerge da uno studio della Banca d’Italia Indagine sulle imprese industriali e dei servizi che suddivide l’Italia per 4 macro aree geografiche.

I dati di Bankitalia Nell’indagine si evidenzia che mentre al Nord Ovest la retribuzione totale lorda è stata nel settore dell’industria pari a 29mila e 800 euro al Nord Est a 28mila e 900 euro al Centro a 28mila e 300 euro e al Sud a 24mila e 500 euro. Per quanto riguarda il settore dei servizi al Nord Ovest la retribuzione lorda è stata di 28mila e 700 euro, al Nord Est di 27mila euro, al Centro di 30mila euro e al Sud di 24mila e 900 euro. "Si confermano - srive Bankitalia - i differenziali retributivi legati alla sede dell'impresa: negli ultimi 5 anni il differenziale, più basso nei servizi rispetto all'industria, tra i salari mediamente percepiti dai lavoratori delle aziende meridionali e quelli del resto del paese fa osservare nell'industria segnali di lieve attenuazione. Tali differenziali retributivi territoriali riflettono anche la diversa composizione dimensionale e settoriale nelle aree geografiche esaminate".

 

 

 

 

 

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